La tentata truffa alla Roma, il Pm interroga Luciano Moggi
27/04/2012 11:17
Perché, si sa, nella tentata truffa alla nuova proprietà made in Usa del club potrebbero non esserci solo i "nostalgici" della vecchia gestione targata Sensi. Una vicenda finita sotto la lente dei magistrati di piazzale Clodio,
che hanno iscritto nel registro degli indagati, con l'accusa di ricettazione, il giornalista Roberto Renga, il figlio Francesco e le due voci radiofoniche Giuseppe Lo Monacoe Mario Corsi, detto "Marione", per aver tentato di infangare il direttore generale di Trigoria Baldini.
"Volevo soltanto dire di no a un'intervista che mi era stata richiesta qualche tempo fa da Calabresi, per questo l'ho fatto venire nello studio del mio avvocato. Per comunicargli il mio rifiuto, tutto qua. Del resto non so niente" avrebbe spiegato ieri Moggi, convocato in procura come persona informata sui fatti. Una versione identica a quella poi fornita da Prioreschi e De Nicola, sentiti immediatamente dopo l'ex dg bianconero. I tre, quindi, avrebbero organizzato l'incontro con la "Iena" solo per declinare un invito? Una circostanza anomala, secondo gli inquirenti. E non solo perché sarebbe bastato alzare la cornetta e fare una semplice telefonata. Ma anche per la coincidenza dei giorni, esattamente a ridosso del video che ha poi fatto esplodere il caso. Il primo a non vederci chiaro, del resto, è stato proprio lui, Calabresi.
"Gioviale, simpatico, ha esordito chiamandomi cardinale, ripensando allo scherzo che gli avevo fatto qualche anno fa. Però mi sono chiesto cosa voleva da me - aveva raccontato circa un mese fa - Insomma la telefonata era stata strana. Non mi aveva mai chiamato prima, mi ha fatto andare in uno studio legale ma per non dirmi nulla. Però mi è sembrato strano che questa telefonata fosse arrivata proprio nei giorni in cui stavo girando i filmati sulla vicenda"