Lo Zar Spalletti: “A San Pietroburgo il mio capolavoro”

30/04/2012 19:41



Orgoglioso?


«Soddisfatto. Un campionato lungo un anno e mezzo, perché il calcio russo prenderà la stessa stagionalità del calcio europeo. Confermarsi è anche più difficile. Molti pensano si essere più forti col titolo in mano».



Mica una passeggiata.


«Eravamo a -7 dal Cska, vincere a +15 dà il senso dell’impresa. Il match scudetto con la Dinamo Mosca era il 44° e non abbiamo finito. Abbiamo vinto le partite decisive, superato la storia dei3 punti di penalizzazione (per non aver schierato giocatori nati oltre il 1° gennaio ‘90 nel match col Cska, ndr ), battuto una concorrenza forte, a cominciare dall’Anzhi di Eto’o».



Bella esperienza insomma.


«Il secondo scudetto è un piccolo capolavoro, come uno dei tanti di questa à bellissima. Ricordo quando arrivai qui d u e a n ni e mezzo fa, un po’ d’apprensione c’era, mi facevo domande. Ora mi sento diverso, cambiato e rafforzato dall’esperienza».




Già, Russia invece di altri paesi.


«Una realtà meno conosciuta. Se accendi Sky trovi Spagna o Inghilterra. Però il livello è alto, ci sono 7/8 belle squadre, i calciatori russi lottano, hanno fisico e carattere. Nel 2018 ci saranno i Mondiali. E’ un calcio aperto, sono arrivati giocatori come Eto’o, il Cska ha Doumbia e Honda, da qui sono passati allenatori come Gullit, Zico, Advocaat ora ct russo, Hiddink. Ma se il calcio russo ora vuol competere con l’Europa deve cambiare qualcosa a livello di sistema e regole. Quella dei 5 russi può penalizzare».



Il lavoro è sempre lo stesso?


«Il mio e quello dello mio staff (Domenichini, Baldini, Bartali, un russo dei portieri e Simutenkov, ex Reggiana, che fa da interprete ndr) è sempre lo stesso. Sono cambiati i metodi per loro. A livello tattico si è potuto incidere abbastanza. Parlo qualche parola di russo, un po’ di inglese: fondamentale il briefing di 5-10 minuti ogni giorno con la squadra in cui comunichi due, tre concetti chiari, diretti. Poi campo».




Uno pensa alla Gazprom e si aspetta un sacco di campioni stranieri.


«Lo Zenit dà 7 giocatori alla nazionale: 8-9 undicesimi del club sono gli stessi di quando sono arrivato. Ora però per fare il salto bisogna provvedere».

§

Manager all’inglese, vero?


«Beh sì, fuori Italia l’allenatore ha molti più compiti e responsabilità. Il budget che può essere di 30/40 milioni lo si gestisce insieme. Dico sempre, se devo allenare un giocatore voglio anche sceglierlo. Io come allenatore non faccio solo quello che mi piace e gli altri come dirigenti non fanno solo quello che piace loro. Con Bruno Alves ad esempio è andata così».



San Pietroburgo?


«Ho la residenza, con Tamara e la famiglia viviamo la à con gioia e interesse. La piccola Matilde è nata qui. Un figlio Samuele studia legge a Roma, l’altro Federico studia a San Pietroburgo e poi proseguirà a Londra. Viviamo nel verde. Le notti bianche sono emozionanti per la bellezza. La notte è tutto aperto, ti ritrovi gente che fa jogging, tantissime persone in giro, pieno di giovani, à pulitae sicura».




Visto Guardiola? Ha mollato: troppo stress.


«L’ho conosciuto, grande allenatore e grande persona. Lo stress dell’allenatore può logorare, anche io ne ho sofferto. Ora ho trovato un certo equilibrio».



Dieci anni fa pensava di diventare un allenatore internazionale?


«E come facevo? Io ho cominciato dalle giovanili dell’Empoli, rivendico con orgoglio la mia gavetta». Capello, , Mancini, Spalletti: non ne torna nemmeno uno? «Io sono molto legato al calcio italiano. Prima di venire qui ho girato, sono stato da ad esempio. Tutti parlano della tensione che c’è in Italia. E quando apri la tv e vedi le scene di Genova vi assicuro che colpiscono ancora di più chi sta all’estero. Quest’anno poi hanno cambiato quasi tutti gli allenatori…»




Insomma non torna.


«Io ormai sono vecchio… Se non succedono cose particolari sto benissimo qui. In Italia ci sono bravi giovani, è giusto che tocchi a loro. Il 13 maggio si chiude, vacanze in Toscana, a metà luglio c’è già Supercoppa»