Riecco Strukelj, 28 anni dopo

01/04/2012 11:02



Il giovane Mark, dopo un campionato con i fiocchi nella Triestina, che aveva fruttato la promozione in serie B e gli aveva permesso di essere selezionato nella rappresentativa azzurra di categoria, finisce nel mirino della Roma. Più volte, nel corso della stagione 1982/83, le voci dell’interessamento della squadra di Liedholm arrivano alle sue orecchie, “voci” che diventano improvvisamente una “notizia” il 23 giugno 1983. È un segno del destino, perché proprio quel giorno il giovanotto di Dorking compie 21 anni. Per gli operatori di mercato l’ufficialità arriva il 28 giugno, data che segna l’apertura della campagna trasferimenti. La Roma di Viola ufficializza in quelle ore anche gli acquisti di Graziani, Malgioglio e Vincenzi e quello di Strukelj finisce gioco forza per essere commentato nelle note a margine. Il 18 luglio, però, quando la prima squadra si raduna all’Hotel Villa Pamphili, quello di Strukelj è uno dei volti più ricercati dai giornalisti. Incuriosisce la sua storia (il padre era emigrato prima in Australia e poi in Inghilterra, regalando a Mark un tocco “esotico”, che gli attribuirà la definizione di: “terzo straniero della Roma”), colpisce la sua riservatezza. Lui, visibilmente intimorito, cerca di schermirsi: «E’ il mio primo trasferimento (…). Ho problemi a parlare correttamente l’italiano, mi dovete perdonare, sono abituato ad esprimermi in dialetto triestino». Una volta approdato nel ritiro di Brunico, se possibile, le sue difficoltà si amplificano. In una squadra “stellare”, Mark fatica ad ambientarsi. Mimmo Ferretti scrive sulle pagine di Giallorossi del settembre 1983: «Nei giorni del ritiro applausi anche per il giovane Strukelj che ci è sembrato quello più imbarazzato di tutti in mezzo a tanta gente». Lui cerca di spiegarsi: «Sono molto timido, non riesco ad esternare le mie sensazioni, i miei sentimenti. Forse sbaglio ma mi tengo tutto dentro e quindi spesso corro il rischio di essere considerato un montato».



Non è un handicap da poco, eppure il suo “portfolio” romano è pieno di ricordi che milioni di calciatori non avranno mai. Il debutto ufficiale arriva in Coppa Italia, il 21 agosto, allo Stadio Romeo Neri. Liedholm lo tiene in campo nel match vinto contro il Rimini di un certo Arrigo Sacchi per tutti i 90 minuti. Il primo gol arriva pochi giorni più tardi, il 28 agosto, sempre in Coppa Italia, contro l’Atalanta di Donadoni. Questa volta Strukelj entra in corsa, rilevando Roberto Pruzzo e siglando la rete del 2-0. Per la serie A, “Strudel” deve attendere il 30 ottobre. Krol, ex divinità del grande Ajax, massacra Falcao e al posto del brasiliano tocca all’inglesino. Poi inizia un lungo corteggiamento con il gol. Il 31 dicembre, sostituendo (sob!), gioca da titolare contro il Catania (maglia numero 10) e fallisce il bersaglio di un soffio. A Verona, una settimana più tardi dà una palla d’oro a Vincenzi, il 15 gennaio 1984 a Pisa (indossando la maglia numero 7), finalmente, su lancio di Falcao, segna con una botta di sinistro che esplode sotto la traversa e dedica il gol alla moglie Cinzia («Glielo avevo promesso a novembre, quando ci siamo sposati»). Ce n’è già per scrivere un libro, ma abbiamo appena iniziato. Il 30 maggio 1984
Strukelj è in campo nella finale di Coppa dei Campioni, cinque minuti (la maglia di quella serata, autografata da tutti i membri della squadra, Mark l’ha regalata)… e la richiesta di battere il rigore. Mark era già entrato in campo per prepararsi, poi accadde qualcosa, ma questa è un’altra storia. L’ultima gara con la Roma il 26 giugno 1984, finale di Coppa Italia. Liedholm lo spedisce in campo dopo l’infortunio di Bruno Conti. Giocavamo con la maglia traforata con lo scudetto, una delle più belle di sempre, ambitissima dai collezionisti perché utilizzata solo nei tre turni finali di quella competizione. Detto tra noi, Mark: «Se sei ancora in vena di regali, sappi che noi siamo qua»