Tutti gli errori di Luis Enrique

10/04/2012 09:35

PREDA -Non appena gli avversari hanno preso le contromisure necessarie, la Roma è diventata una preda facile da attaccare. E facile da mettere sotto. Soltanto nell’ultimo periodo, tra la sfida di Palermo, quella col all’Olimpico e la trasferta in casa del Milan, si è visto qualche correttivo teso a rafforzare la fase difensiva. Due vittorie per 1-0 prima dell’ingenua sconfitta di San Siro che ha rimesso in discussione tutto. «La proposta non è negoziabile» dice Luis Enrique, puntando su gioco d’attacco e qualità, convinto che con queste armi prima o poi arriveranno le soddisfazioni. Il problema però sta proprio qui: oggi nella bilancia giallorossa le delusioni pesano ancora molto di più. C’è un numero che rende perfettamente l’idea di uno dei principali problemi della Roma di quest’anno: 41 gol subiti in 31 partite di campionato. Le reti incassate salgono a 46 se aggiungiamo le quattro partite di coppa. Troppe davvero per una squadra che deve e vuole puntare a essere competitiva nel minor tempo possibile. Va bene la proposta, va bene l’idea, ma il calcio è fatto anche - e in Italia soprattutto - di fase difensiva. Oggi la difesa si chiama così, perché nel calcio moderno vi partecipa tutta la squadra, a partire dagli attaccanti. Quella della squadra di Luis Enrique però sembra funzionare poco e male. Frutto, anche, di uno schieramento molto sbilanciato: si punterebbe a fare un gol più degli avversari, ma il più delle volte ciò è difficile se non impossibile. E la scena che i tifosi giallorossi, loro malgrado, hanno visto troppe volte quest’anno, è quella dell’attaccante avversario che si invola indisturbato verso la porta romanista.
 
BUCO -A Lecce è andato in scena il solito spartito. Con i difensori della Roma presi in clamoroso controtempo da Muriel e Di Michele. Due parole che ormai dalle parti di Trigoria conoscono fin troppo bene: imbucata centrale. Una difesa troppo alta, o comunque poco attenta. Ecco allora che anche Muriel, dopo Klose, Ibrahimovic, Denis e tanti altri colleghi di serie A, ne ha approfittato. il colombiano del Lecce, in occasione del suo secondo gol, ha messo a segno la seconda rete che la Roma ha preso da fuori area: altre 32 subite in campionato (esclusi i 7 rigori quindi) sono arrivate dall’interno dell’area di rigore. Ecco il punto: gli altri dalle parti del giallorosso ci arrivano con grande facilità. D’accordo, si penserà, la difesa è da registrare ma almeno l’attacco darà grandi soddisfazioni. Vero soltanto fino a un certo punto. Perché l’altra grande realtà emersa dopo la gara di Lecce, che in passato si era affacciata più volte sul mondo giallorosso, è che la Roma spesso faccia fatica anche ad affacciarsi in maniera pericolosa dalle parti del avversario di turno. Presente i problemi di inizio stagione, con una manovra accusata di svilupparsi troppo in orizzontale e a volte fine a se stessa? Bene, la squadra di Luis Enrique sembra tornata indietro di qualche mese, quando veniva criticata per la non capacità d creare occasioni rispetto alla mole di possesso-palla e di supremazia territoriale (cioè il possesso nel campo della squadra avversaria). E non possono valere in questa riflessione i due gol del Via del Mare segnati da Bojan e Lamela: sono arrivati quando la squadra di Cosmi, forte del 4-0, ha tirato i remi in barca.
 
PROVA -In questo senso è abbastanza indicativo quanto accaduto nella partita dell’Olimpico contro il Novara, giocata dieci giorni fa. Il 5-2 contro gli uomini di Tesser rappresenta il secondo miglior successo dopo il 5-1 contro il Cesena dello scorso gennaio. Ma nessuno dei cinque gol giallorossi è nato dalle trame studiate da inizio stagione. Anzi, le reti sono frutto di iniziative personali. Nel gol di Marquinho c’è un numero di Osvaldo che dribbla un avversario e mette in mezzo dalla fascia, poi lo stesso Osvaldo ha segnato sugli sviluppi di un calcio d’angolo. Ancora: il cucchiaio di Simplicio dopo un’incursione personale centrale, e le volate di Bojan e Lamela, partiti palla al piede da molto lontano. A Lecce invece nulla di nulla: né gioco, né iniziative personali. A questo punto anche il rapporto tra Luis Enrique e la squadra merita una riflessione. Come vanno le cose tra il capo e il suo gruppo? In linea di massima bene, con i giocatori che più volte hanno elogiato il lavoro del tecnico, le novità importate, i suoi metodi. Ma evidentemente, se poi in campo l’impegno è pressoché nullo, non tutto va per il verso giusto. Perché una squadra che crede fortemente all’allenatore, si impegna molto di più di quanto la Roma ha fatto a Lecce. E allora quali potrebbero essere i problemi? Tutto ok per quanto riguarda le libertà concesse, ovviamente. «Poche regole, ma chiare e uguali per tutti» ha sempre detto Luis Enrique. Che ha sì concesso ampia libertà ai suoi, ma al minimo errore ha usato il pugno di ferro: il caso- esploso nel pomeriggio di Bergamo è l’esempio lampante, con il miglior giocatore, quello maggiormente rappresentativo, escluso per un lieve ritardo all’appuntamento della riunione tecnica.
 
FORMAZIONE -Bene invece l’abolizione dei ritiri e i viaggi in giornata per le trasferte che il calendario permette di affrontare in meno di ventiquattro ore tra andata, partita e ritorno. Il problema semmai è un altro: il fatto che la formazione viene comunicata soltanto all’ultimo momento, sul pullman che porta la squadra allo stadio o direttamente nello spogliatoio poco prima dell’inizio del riscaldamento. Questo a volte è sembrato causa di inquietudine e imbarazzo per i giocatori. Sabato scorso a Lecce l’ultima punizione: Luis Enrique, per la prima volta, non ha fatto cambi e ha tenuto in campo per tutta la partita gli undici che l’avevano iniziata. Per il tecnico erano colpevoli della figuraccia che stava andando in scena.