L’incubo della terza delusione

29/05/2012 10:06

Invece la famiglia Sensi ancora non gli aveva comunicato nulla. Alla fine Zeman si fida ma ha bisogno della chiamata ufficiale da Villa Pacelli, che arriva solo dopo un paio di giorni. Il boemo si presenta a casa Sensi, fumando. Sale e, una ventina di minuti dopo, riscende, fumando. «Mister, allora? Sensi le ha detto di Capello», domanda. «No», risposta. Possibile? Sì. O meglio, sì e no. Sensi gli ha fatto capire di essere costretto a rivedere certe scelte tecniche ma che il contratto (che era stato accettato da Zeman solo a parole) sarebbe stato onorato. Quindi: nessuno gli ha parlato dell’arrivo di Capello ma Zeman, che non è stupido, lo aveva capito da un po’. Sensi fu di parola e lo pagò comunque, ma fece a meno di lui. Prima ferita.

La seconda, sei anni dopo, estate 2005. Come se qualcuno a Trigoria volesse farsi perdonare. Nessuno dei Sensi ce l’aveva con lui,ma era solo l’accontentare una volontà, vincere, e con Zeman, avevano detto al presidente, la Roma non poteva riuscirci. La squadra veniva da un anno disastroso,quello dei quattro allenatori, c’era la necessità di cambiare. Chi prendiamo? Zeman. Ed ecco il perdono con gli interessi. Zdenek ci riprova, con la speranza di non scottarsi, ferirsi per la seconda volta. La Roma si salva a Bergamo (gol di Cassano), e Zeman, corteggiato da Pradè, viene convocato a Villa Pacelli. Sarai tu il nostro allenatore, questi sono i soldi, etc etc. Il boemo accetta,felicissimo. La Roma fa passare qualche giorno e, dopo una riunione con UniCredit (dove si racconta - non ci sono smentite - fossero presenti i Moggi), si stabilì che Zeman non poteva (doveva) essere l’allenatore della Roma. Guidolin, Trapattoni, chi vi pare, non lui, il nemico. E arriva Spalletti. Che non andò male, a dire il vero. Ma Zeman accusa il secondo colpo. E qualche tempo dopo disse: «La Roma? No, mi sono ferito due volte, la terza non la sopporterei».Comprensibile.