Questa Roma fa sognare

26/07/2012 10:44

 
L’AMBIENTE - Gradevole la partita, gradevole l’atmosfera, con un sole non invasivo e un entusiasmo sano del pubblico, da sport americano. Tutti mischiati, in festa, e tante magliette originali della Roma vendute a 100 dollari nei negozi dello stadio. Era tutto esaurito il Fenway Park, il più antico stadio del baseball degli Stati Uniti, che quest’anno ha compiuto 100 anni senza smantellare le strutture tradizionali: con l’enorme monitor in HD sopravvivono tribune vecchiotte e loghi vintage. Peccato solo che gli organizzatori abbiano fatto suonare l'inno Usa, che Bradley ha vissuto con la mano sul cuore, il fantastico You’ll never walk alone del Liverpool, cantato dai 20.000 inglesi, ignorando l’inno romanista. Una decisione incomprensibile, accompagnata dai video celebrativi della finale di Coppa Campioni del 1984, che la Roma ha perso appunto con il Liverpool.
 
IN CAMPO - Zeman ha sorpreso all’inizio, promuovendo Nico Lopez nel tridente offensivo rinunciando contemporaneamente a Lamela e Bojan. Dietro invece ha testato la coppia Burdisso-, che per le partite vere costituisce un indizio di difesa titolare. Ancora rinviato, intanto, il debutto di Dodò, che non è andato nemmeno in panchina come l’affaticato Stekelenburg.
 
SPRINT - E la Roma è partita forte, approfittando delle tante assenze del Liverpool: da Suarez a Reina, da Carroll a Gerrard, da a Henderson. Nico Lopez, imprendibile per venti minuti, ha sbagliato un colpo di testa da posizione comoda. Poi, dopo un errore della difesa avversaria, ha mandato Tachtsidis in uno contro zero. C’erano tutte le premesse per un altro gol, dopo il cucchiaio di Chicago; ma stavolta il pallone è capitato sul piede sbagliato, il , e Tachtsidis ha tirato debolmente, consentendo al ungherese Gulacsi, il terzo del Liverpool, di respingere. Ma la Roma non si è fermata, mostrando in molti momenti le sovrapposizioni e i tentativi di attaccare lo spazio che pretende Zeman. Su uno di questi Osvaldo ha saltato il terzino McLoughlin con una finta e ha cercato il tocco, sbattendo però ancora su Gulacsi. Complessivamente si sono visti segnali importanti sul piano del gioco, al centro del quale ha lottato come un ossesso per recuperare i palloni e lanciare i compagni. Da esterno sinistro, a sprazzi, ha illuminato la scena, anche se al tiro è arrivato solo su punizione (fuori).
 
DIETRO - Anche il di Rodgers, però, è pensato per giocare a calcio, con i terzini altissimi in stile Luis Enrique. Non è quindi casuale che con i giovanissimi Shelvey (’92) e Sterling (’94), ma anche con un vecchio talento come Joe Cole o con l’emozionato ex Aquilani, il Liverpool si sia fatto sentire spesso in fase offensiva. Proprio Shelvey ha chiamato a una parata a terra complicata, prima che Cole, lanciato al millimetro da Aquilani, scalfisse la traversa con un pallonetto. Ancora Shelvey, sul finire del primo tempo, si è buttato in mezzo all’area saltando Burdisso e costringendo a un miracolo. In difesa, insomma, la Roma ha un po' ballato nonostante la prova incoraggiante di , in crescita rispetto all’esordio. La sofferenza è da imputare anche al centrocampo, che non sosteneva a sufficienza la questione difensiva.
 
LAMPI - Nella ripresa, meglio la Roma. Che dopo gli ingressi di Bojan e Lamela si è avvicinata al gol con Tachtsidis (parato), ha sbagliato un’occasione incredibile davanti al con Rosi, e infine ha trovato il meritato vantaggio con il padrone di casa, Bradley, bravo nello stop appena dentro all’area e nell’indirizzare un secco sull’angolo lontano. Boston l’ha festeggiato con il coro «Usa, Usa». E ci può stare. Subito dopo si è divertito , veloce a risolvere una mischia, neutralizzando la rete successiva di Adam. Avanti così.
 
Roma-Liverpool 2-1