Senza parole

07/07/2012 10:41

E’ arrivato anche il “Gruppo Zeman” a controllare. Va tutto come previsto dal Boemo, da almeno 13 anni, da quando ha aspettato, voluto, lavorato per questo ritorno L’annuncio è arrivato dopo la conferenza dello staff di Zdenek Zeman. E’ stato accolto quasi con un sospiro di sollievo e con un sorriso da notizia. C’era chi temeva non potesse esserci, ormai a questo punto del raduno sembrava tardi, e sarebbe stata una rinuncia difficile da digerire soprattutto pensando alle sue squadre. Bosingwa? Bradley? Brady? Rummenigge? Ciccio Baiano? Meglio, Sciacca? No, molto di più ed è pressoché ufficiale: arrivano i gradoni. Stanno arrivando. Insieme ai tifosi della Roma fra oggi e domani: il più grande spettacolo del week-end. Ma anche prima non è stato male. I gradoni intesi come esercizio simbolo di un modo di fare e di essere sono già ben presenti a Riscone, nella testa e soprattutto nelle gambe dei giocatori. E’ arrivato anche il “Gruppo Zeman” a controllare. Va tutto come previsto dal Boemo, da almeno 13 anni, da quando ha aspettato, voluto, lavorato per questo ritorno. Lui lo sapeva: con quel profilo il futuro resta una nostalgia da riscoprire, esattamente come questa sua Roma.

E’ così da quando fa l’allenatore, lo hanno raccontato i suoi tre uomini del . I gradoni parlano da soli e Zeman non ha bisogno di parole, spesso dà il la a un esercizio poi se ne va, a pensarne un altro, a verificare quella zona del campo, magari invece resta e partecipa, prende la bicicletta, osserva, non si fuma la sigaretta e poi dà indicazioni. Vorrebbe fumare sicuramente. Non alza quasi mai la voce, gli basta un sopracciglio alzato. E’ un primissimo piano di Dreyer: un movimento della ruga è un terremoto. Ieri a un certo punto ha detto ai suoi: “Muovetevi!”. Un cataclisma? No, un’ondina, nessun rimprovero, ma un modo per spronarli alla sua maniera con due parole visto che l’altra era: “Giocate!”. C’è tutto nelle sue parole visto che pesano come i sacchi sulla spalla di . Zeman aveva realizzato già il primo miracolo della sua era seconda: il pallone. Una finta alla Garrincha alle aspettative da leggenda dentro il suo schema: mattina di corsa, pomeriggio di corsa col pallone. Prima accarezzato al trotto, poi preso per mano, passato come quando giocava lui da bambino (a pallamano) fino ad arrivare a una specie di partita senza porte. E’ la Roma di Zeman che ha cominciato a giocare. Letteralmente. Si divertivano. Trabajo y sudor e divertimento esattamente quello che fu il comandamento disatteso l’anno scorso. Ci sono i tifosi della Roma che stavano qui a Riscone a poter testimoniare.

Tutto questo è per loro: “io voglio solo un calcio che li faccia divertire tutti”. Tutti sempre bellissimi, ma se possibile, più dei 300 delle tribunetta nel pomeggio e quelli delle Termopili, i 3, poi diventati 7 che hanno seguito sotto il diluvio l’allenamento del mattino: manco i messaggeri di Buzzati erano arrivati a tanto. That’s amore e si tratta sempre di questo quando Zeman prima della seduta del pomeriggio (lui arriva sempre prima e controlla tutto) s’è concesso al suo popolo per gli autografi. E mentre e Verre erano il passato e il futuro a correre insieme in Val Pusteria, Osvaldo faceva il fotografo al e con uno scatto si prendeva la lombalgia, dalla Americhe arrivava l’annuncio ufficiale dell’accordo con la Walt Disney e il campione Mauro Zarate perdeva l’aereo per tornare alla Lazio (ah l’inconscio), Vincenzo Cangelosi scendeva gli scalini per tornare nello spogliatoio con la sua faccia vera, di quelle scolpite con l’umiltà, di quelle che conoscono dal 1989 gli occhi di Zeman (andate a guardare come si sono abbracciati e guardati nella notte in cui il è tornato in serie A) e di quelle che non riescono a mentire: a chi gli chiedeva se fra tutte le squadre avute, i posti visti, la gente conosciuta, se Zeman fosse romanista, immediatamente non ha risposto, poi s’è fermato e ha fatto un accenno prima di smentirlo con un educato e rispettoso “chiedetelo a lui”. No, non c’è bisogno di parole.