Favola Romagnoli: "Marcavo Montella, con Totti non oso"

13/09/2012 09:54

 
In attesa dell'esordio con la Roma, lei ha già collezionato alcune gare internazionali.
«Dodici o tredici, credo. Che non sono poche a 17 anni, contando che la prima nazionale è l'Under 16. Ricordo la prima volta, un torneo in Portogallo, c'era pure l'Olanda. O le ultime, in Francia, il girone di qualificazione all'Europeo Under 17, mancato per un gol dei padroni di casa nei minuti finali (interviene Paolo, l'addetto stampa della Nazionale, ricorda che lui era appena dovuto uscire per crampi, lasciando intendere che le cose altrimenti sarebbero andate diversamente, ndr)
 
E con Zeman come va?
«Lavoro duro ma bello, specialmente per noi giovani. È vero quello che ha detto Verre, la sera già pensi alla fatica che ti attende il giorno dopo».
 
Però dopo quel ritiro ora firma autografi. Si ricorda il primo?
«Ai tempi dei Giovanissimi. A Stefano Palmieri, un osservatore della Roma. Mai capito perché me lo avesse chiesto. Non so neppure se sia stato lui a portarmi a Trigoria, è uno di quelli che mi ha seguito».
 
Ai tempi dei Giovanissimi c'era Vincenzo Montella.
«Tanti bei ricordi. Aveva appena smesso di giocare, ogni tanto faceva le partitelle con noi, guai a levargli la palla. Gli dava fastidio, quando ci riuscivi ti pestava i piedi. Tutte cose che poi ho ritrovato più avanti: tra ragazzi queste malizie ancora non si usano. Bellissimo rapporto, lo sento spesso».
 
E ?
«Io non lo marco. Noi difensori in allenamento dobbiamo sempre stare attenti a non entrare duro, a non far male a nessuno. Francesco, più di tutti, lui è una leggenda, io non mi avvicino proprio».
 
?
«In prima squadra mi hanno accolto benissimo tutti. Burdisso, che è un punto di riferimento assoluto. O , che sta spesso con noi ragazzi della Primavera. Ma con Daniele, visto che il padre era il mio allenatore, il rapporto è ancora più stretto. E poi ci eravamo conosciuti due anni fa, quando Montella andò in prima squadra e un paio di volte mi fece allenare con i grandi».
 
Papà Alberto ha detto che lo scorso anno lei meritava di giocare di più, ma voleva dare spazio a due ragazzi più grandi che dovevano mettersi in luce per trovare una squadra.
«Non c'era neanche bisogno che lo dicesse, avevo già capito. Era giusto così, ha fatto bene. Mi ha anche schierato da centrocampista, davanti alla difesa. Che poi è il ruolo che mi piace di più».
 
Si vede lì tra qualche anno?
«No, al centro della difesa. Ma a fare il centrocampista mi diverto di più. Che poi è il mio vecchio ruolo. Il mio modello è Maldini, ma il mio idolo — oltre a Federer — era Zidane».
 
È salito in prima squadra senza neanche una stagione intera in Primavera.
«Sei mesi. Più tre da strappato. Il ricordo più bello, il 6-1 al Milan in Coppa Italia, a gennaio. Con loro avevo perso la finale scudetto Giovanissimi, ma non so dire se quella fu la mia gara più complicata. Perdemmo 3-0, ma i primi due gol furono due tiri da fuori...».
 
E ora la prima squadra. Zeman l'ha elogiata molte volte, ma con lui i difensori rischiano parecchie brutte figure.

«Per fortuna nel settore giovanile della Roma le squadre giocano sempre all'attacco. Nessuno tiene la difesa alta come lui, ma se avessi giocato con allenatori che fanno catenaccio mi sarei trovato in difficoltà. È vero, con la linea difensiva in quel modo ci sono ottime possibilità di trovarsi uno contro uno con l'attaccante. Ma io mi diverto, c'è il gusto della sfida. Non è da quello che si vede se un difensore è bravo?».