13/09/2012 10:45
C'è anche, per fortuna, chi alla propria onestà intellettuale non intende abdicare, e che di questo atteggiamento si assume tutti i rischi, sulla propria pelle. Esemplare è stato, e lo è ancora, Zdenek Zeman, che non si nasconde mai dietro un dito e che alle domande risponde senza melliflui giri di parole. Come al giornalista che gli domandava se andrebbe a cena con un nemico, proponendogli il presidente federale Giancarlo Abete, non ha esitato a rispondere, chiarendo che non considera Abete un suo nemico, ma un nemico del calcio. Una risposta dura, ma che rispecchia un modo di pensare di tante persone libere da legami, se volete rivolgete uno sguardo a quella che è stata in questi anni la politica federale.
Per non parlare della Lega, che con la Federazione è pappa e ciccia quando, istituzionalmente, tra i due organismi dovrebbe sussistere una profonda conflittualità. Basta pensare a quanto accade con la gestione delle squadre nazionali a spese delle società, magari celebrando i quattro soldi che l'Uefa si è degnata di porgere all'associazione europea dei club. A farsi degli amici, Zeman non ha mai pensato, quella su Abete era chiaramente una battuta, ma l'umore del boemo traspare soprattutto dalla replica e Vialli che lo aveva accusato di parlare per procurarsi vantaggi.
Zeman aveva avuto un tirata di orecchie, dal presidente federale, per avere espresso un giudizio legittimo e ampiamente condivisibile, sulla libertà di allenare concessa a un tecnico squalificato. Ai tempi della battaglia sugli armadietti carichi di medicinali, la reazione era stata subdola, la Roma allenata dall'accusatore fu letteralmente massacrata dagli arbitraggi per il resto della stagione. Ora la vigilanza è maggiore, la Roma e il suo timoniere vengano lasciati in pace.