28/09/2012 09:52
Luomo che per primo ha avuto il coraggio di scoperchiare il pentolone per provare a ripulirlo da uninfinità di brutture. Sono passati 14 anni dalla sua frase sulle farmacia e gli uffici finanziari che scatenò il putiferio. Dopo la quale di fatto ha dovuto girare lItalia e poi il mondo per tornare a casa, alla Roma, per riprendere un discorso interrotto non per sua scelta. Domani cè la sfida con la Juve, la partita delle partite. E mentre Luciano Moggi attacca nuovamente Zeman in maniera che dire scomposta è dire poco («Speriamo finisca 6-0 a favore della Juve così imparano a fare i furbi, ha detto a tuttojuve.com-. A Roma cè qualcuno che fa il furbo e si chiama Zeman. Pure con Ciro Ferrara ha tentato di mettere in piedi il solito giochino. Mi auguro che la Juve in campo gli dia una bella lezione di calcio»), il calcio tedesco chiede di ascoltare gli insegnamenti del maestro boemo. Il calcio tedesco, ovvero quello della Bundesliga che ha messo la freccia e ha superato la Serie A. Il calcio degli stadi belli e funzionali, il calcio che era vecchio e che ora è il modello per tutti. Ecco, quel calcio, quello di Kicker, ha chiesto «Come si vive a Zemanlandia, il paradiso del gioco dattacco?». Il tecnico giallorosso ha risposto con la solita eleganza e ironia: «Tutto dipende dalla filosofia che uno abbraccia. Le mie squadre si trovano abbastanza bene. Ogni giocatore ama molto più costruire che distruggere. Secondo la mia opinione non esiste uno schema più idoneo del 4-3-3 per coprire tutto il campo. Questo è il motivo per cui cerco sempre giocatori utili a questo schema di gioco, piuttosto che il contrario. Se mi sento soddisfatto quando la mia squadra viene applaudita nonostante una sconfitta? Assolutamente sì, questo per me è un importante riconoscimento per la prestazione della squadra. Il risultato di una partita potrebbe essere anche casuale, la prestazione no. Per me il risultato non è necessariamente lindicatore di un buon lavoro svolto. La maggior parte dei miei colleghi fanno dipendere quasi tutto dal risultato, poiché un punto in più potrebbe evitare lesonero. La concentrazione su ciò che è essenziale ne risente moltissimo. Un tempo lallenatore aveva maggior prestigio allinterno delle società. Il calcio è considerato principalmente business e politica e meno come sport. Il business funziona con regole differenti. Il calcio si basa oggigiorno su di una mentalità, usa e getta che grava pesantemente su allenatori e giocatori».
Un passo indietro, fino alle sue origini, al passaggio da Praga a Palermo. «Non si tratta tanto di una lontananza geografica, ma soprattutto di un modo di vita completamente diverso. Gli italiani vivono il momento, se oggi piove, allora possiamo farlo domani, poiché sicuramente uscirà di nuovo il sole. Noi cechi siamo più organizzati e da un giorno allaltro non cambiamo idea così. Dopo 40 anni vissuti in Italia mi sento un italiano, anche se continuo a pensare come un ceco». Gli domandano delle parole di Prandelli, che si interrogava sul perché Zeman non avesse mai allenato i più grandi club dEuropa. Semplice, chiara, impeccabile la risposta: «Questo non è dipeso dalla mia volontà, ma dalla volontà altrui. Se sarebbe stato meglio rimanere in silenzio anziché criticare il sistema del calcio? No. Nei confronti dei tifosi mi sarei comportato da ipocrita». La reputazione del calcio è ormai rovinata? «E normale che le persone si siano allontanate, sono successe delle brutte cose. Il problema è che gli episodi accaduti allinterno dei club e delle istituzioni hanno portato portato ad una escalation di violenza. Ad oggi nella Serie A mancano delle squadre délite, anche se secondo me è diventata abbastanza equilibrata. Ma dal punto di vista economico la Serie A italiana non può concorrere con Germania, Inghilterra e Spagna. La Bundesliga è diventata molto interessante. La Germania ha superato in modo splendido la crisi con la gli stadi dei mondiali e con la fiducia nelle nuove leve. Pochi giocatori tedeschi vanno allestero perché la Bundesliga ha maggior valore».
Poi si torna a parlare di cose di campo, di moduli, di schemi e di un possibile gioco perfetto. «Non esiste - risponde Zeman -, ci saranno sempre degli errori. Diversamente una squadra dovrebbe segnare 200 reti per aver attaccato 200 volte». La chiusura è sui giocatori che vorrebbe avere nella sua squadra. «Penso spesso a Messi, anche se non sono sicuro sia allenabile. Come mai? Perché è troppo bravo».