Rocca-Totti-DDR: tutto per l’Italia

09/09/2012 11:36



L’esempio più clamoroso (guarda caso anche allora tra un Inter–Roma e un Roma– di campionato), si verificò nel marzo 2002 con
. Il 27 marzo l’Italia di Giovanni Trapattoni (già tecnico di Prandelli nella
), si misurava a Leeds in un’amichevole contro l’Inghilterra di Owen e Sven Goran Eriksson. , stella di quella squadra azzurra era reduce da una contrattura alla coscia destra subita contro il Galatasaray, che lo aveva costretto a saltare il match con l’Atalanta del 16 marzo e al rientro aveva subito più di un intervento pesante (soprattutto da Materazzi), nella gara di San Siro del 24 marzo. Nonostante questo Trapattoni, evidentemente ansioso di sperimentare schemi e tattiche in vista dell’ormai imminente Mondiale, decise di utilizzare lo stesso il capitano della Roma. rimase in campo per 45’, prima di fare posto a Montella (che segnerà una doppietta, esattamente come Osvaldo) tornando nella capitale con la stessa diagnosi del 15 marzo: “Contrattura alla coscia destra”. Il nuovo infortunio costringerà il numero 10 a saltare le gare di campionato contro , Venezia e Parma rientrando solo con il Milan nel match del 21 aprile. I romanisti sanno benissimo che il rocambolesco pareggio di Venezia costò alla squadra di Capello il bis in campionato. L’infortunio di Leeds aprirà inoltre per un periodo difficilissimo dal punto di vista fisico con infortuni a ripetizioni. Dall’agosto 2002 (distorsione al legamento collaterale mediale del ginocchio sinistro), all’ottobre (distrazione alla coscia e al polpaccio sinistro), proseguendo a novembre (distorsione al legamento collaterale mediale del ginocchio ), sino all’epilogo del febbraio 2003 (contrattura alla coscia sinistra), si snodò un vero e proprio rosario d’infortuni.




Non ci soffermeremo più di tanto, in quanto il ricordo è indelebile per tutti i tifosi romanisti, sulla vicenda dell’immenso Francesco Rocca, che dopo l’infortunio nel match di campionato con il Cesena, il 16 ottobre 1976 venne comunque chiamato a disputare tutti i 90 minuti della gara con il Lussemburgo. Al primo allenamento al ritorno dal match azzurro, i legamenti di Francesco, patrimonio calcistico immenso, cedettero, aprendo le porte (anche per quelle che erano i limiti della scienza medica del tempo), ad un doloroso e amarissimo ritiro dall’attività agonistica che si concretizzò nel 1981. Non meno amara (soprattutto per le fortune giallorosse) negli esiti finali, ma certamente meno conosciuta, è la vicenda legata all’infortunio del giovane Dante Di Benedetti. Esploso come vera rivelazione del calcio italiano nella stagione 1935/36, quando aveva contribuito a trascinare la Roma ad un passo dalla conquista del titolo, Dante Di Benedetti venne convocato da Vittorio Pozzo nella Nazionale B per un incontro a Losanna contro la Svizzera. Era il 25 ottobre 1936. Di Benedetti era alla prima convocazione in una rappresentativa azzurra, spinto dalla doppietta rifilata alla Lazio nel derby del 18 ottobre. Davanti al Ciano e a Edda Mussolini, diede spettacolo sfruttando lo scatto bruciante e la giornata di grazia di Bernardini. Per Pozzo fu impossibile non reclutarlo schierandolo a fianco di gente come Olivieri, Foni, Rava, Ferraris II, Locatelli, Perazzolo, tutti futuri campioni del mondo nel 1938. Di Benedetti aprirà le marcature dell’incontro ma pagherà a carissimo prezzo questo momento di gloria, con l’infortunio che gli costerà la rottura del menisco. La Roma, sfiduciata dalla laboriosa ripresa del ragazzo dopo l’incidente, lo cedette alla . Nel novembre 2010 quando sempre , in un’amichevole contro la Romania, subì un infortunio in Nazionale, in una gara in cui sarebbe dovuto restare a riposto, Damiano Tommasi commentando dichiarò: «Trovo che sia una situazione piuttosto delicata, vestire l’azzurro è una cosa bella e che fa crescere sotto tutti gli aspetti. (…) tuttavia capisco perfettamente le esigenze delle società che, a volte, si ritrovano giocatori infortunati per lunghi periodi (…)».