Cosa c'è dietro il suo sfogo
04/10/2012 10:04
SIPARIETTO - I tre quarti dora di conferenza stampa, dopo un inizio accorato ed emozionato, sono stati volutamente aggressivi. Studiati. Come se seguissero il copione di unopera di teatro. Quando un giornalista gli ha chiesto, in un impeto di involontaria comicità, se ci fosse un piano per destabilizzare la nuova Roma, Baldini ha usato parole agghiaccianti: «Questo progetto non è mai stato voluto. Sì, cè la volontà di destabilizzare la piazza. Se fossi sceso a patti con certe realtà forse saremmo riusciti a controllare più facilmente le falsità che venivano diffuse. Ma non ho voluto farlo, dopo averne parlato alla proprietà americana». Chi sarebbero i destabilizzatori? Chi vuole il male suo e della Roma? Baldini ha parlato ancora per tenere lattenzione distante dalla squadra. Lattacco era strategico. Tanto è vero che poi, contattato da questo giornale, ha chiarito: «Ho esagerato. Non volevo sostenere che esiste una manovra destabilizzante. Intendevo dire che gli effetti di quanto si sente e si scrive possono essere destabilizzanti per la Roma». E un po diverso. Unazione voluta, almeno dal punto di vista di un manager che cerca di fare gli interessi della società che rappresenta.
PROTEZIONE - Dopo questa conferenza, secondo i suoi intendimenti, la squadra si sentirà meno assediata in modo da superare il complesso di inferiorità che sabato lha consegnata alla Juventus. Non se ne va Baldini, non se ne va Fenucci, non se ne va Sabatini. Baldini si sente al timone di un progetto importante, avverte la stima degli americani. E ha un obiettivo preciso: lasciare unimpronta e aiutare la Roma a vincere. Proteggendo in questo momento Zeman e i giocatori, in attesa che la squadra ritrovi una precisa identità e realizzi i desideri dei tifosi. Baldini in primis conosce ogni sfumatura del calcio: le cose possono cambiare e ogni cambiamento sarà smentito fino al minuto prima di diventare effettivo. Che si tratti del futuro di un allenatore o di un direttore generale, non si può ammettere di essere insicuri. Non si può raccontare al popolo che ci sono meccanismi da perfezionare. Lunica certezza, però, è che si lavora per restituire la Roma a un ruolo da protogonista. (...)