23/10/2012 11:10
LA QUESTIONE CENTROCAMPO «Stiamo lavorando». Due giorni fa lo hanno ripetuto quasi tutti i giocatori passati dal campo al microfono. La Roma è work in progress, e il progresssi vede. Cè la mano di Zeman dietro al 4-2 al Genoa. Ma questo progressdeve continuare. Zdenek avrà notato che a centrocampo si può fare meglio, che se De Rossi ha svolto domenica più di un compito e se Totti è spesso arretrato a fare il regista aggiunto, è forse perché entrambi hanno capito che Tachtsidis sbaglia qualche appoggio di troppo, e questo può rivelarsi fatale quando la squadra si sbilancia in avanti. «È stata una richiesta dellallenatore», spiegò tempo fa Sabatini. «Zeman mi ha detto: "Io prendo questo ragazzo e lo trasformo in un campione". Ha piede, forza e una piccola lentezza che il mister vuole trasformare in velocità». Lopera è ancora incompiuta e la nota stonata si avverte. Al posto del greco potrebbe giocare Pjanic, che però Zeman considera un intermedio. Miralem lo ha fatto osservare con garbo: «Nella Bosnia faccio il regista, è il ruolo che preferisco. Nella Roma mi adatto. Se mi sento un titolare? No». No, già. Infatti, il bosniaco è stato escluso per la prima volta da quando ha completamente recuperato dallinfortunio. E per il Maestro è intermedio anche De Rossi. Lalternativa potrebbe essere Bradley, che nellopinione del tecnico è passato da intermedio a centrale di centrocampo. «Lo vedo - diceva in estate Zeman - come intermedio di centrocampo, ma può fare anche il centrale». Posizione, questa, dove però è gerarchicamente sotto Tachtsidis.
LAPPROCCIO Anzi, di problemi ce ne sono due. Juventus, Atalanta, Genoa: tre false partenze nelle ultime tre partite. La prima volta è stato un disastro totale dallinizio alla fine, nella seconda sei stato graziato, nella terza sei stato bravo a cancellare una mezzora da incubo con 60 minuti abbondanti da sogno. Ma il dato resta. Agatha Christie diceva che tre indizi fanno una prova. Sì, ma in questo caso una prova di cosa? Per tre volte al fischio dinizio la Roma non cera. A Torino in casa dei campioni dItalia mai battuti nel nuovo stadio era difficile immaginare che poi cambiasse qualcosa. E infatti nulla è cambiato. Una settimana dopo in casa ci hanno pensato Denis (con il miracolo di Stek) e Moralez (traversa) a permetterti di restare in vita e di non sprofondare. Domenica la storia si è ripetuta: prima Kucka, poi Jankovic, poi ancora Stek senza il quale forse rimonta non sarebbe stata. Qual è il problema? Una questione di approccio? In realtà forse tra le tre partite delle differenze ci sono e ogni volta è stata una storia diversa. A Torino certamente la gara è stata sbagliata, con lAtalanta può esserci stato un blocco psicologico, un contraccolpo dopo la figuraccia con la Juve. E a Marassi probabilmente soprattutto sulla rete di Kucka è stato più merito del Genoa che demerito della Roma. Così sembrerebbero pensarla anche i protagonisti della sfida. «Oggi il primo gol loro è stato fantastico ha spiegato Lamela nella mixed zone del Ferraris - a Torino è stata unaltra partita, oggi meritavamo di vincere».
Per Zeman addirittura la partenza non è stato tanto male: «Per me linizio è stato uguale al resto. Abbiamo preso due gol su posizionamenti sbagliati dei difensori. Ma sullespressione di gioco abbiamo giocato allo stesso modo. Abbiamo fatto due errori sul gol, e sullaltro abbiamo sbagliato marcatura. Errori che ci sono nel calcio. Noi dobbiamo creare qualcosa per far sbagliare di più gli avversari». Insomma, più che una questione di approccio sembra trattarsi di una somma di cause diverse. Daltronde quasi mai le squadre di Zeman hanno avuto problemi di approccio, soprattutto a inizio stagione. Se si vanno a guardare ad esempio le due stagioni in giallorosso prima di quella attuale, nelle prime giornate, quelle in cui teoricamente cè più bisogno di apprendere i suoi insegnamenti, arrivarono vittorie (parecchie), pareggi e sconfitte (poche) ma in ogni caso mai con delle false partenze. Costituiscono eccezioni alla regola solo un piccolo gruppo di partite a cavallo tra il gennaio e il febbraio del 1999, cioè a metà del secondo campionato di Zeman alla Roma. In quel periodo giunsero tre sconfitte ravvicinate contro Cagliari, Salernitana e Venezia. In tutti e tre i casi la sua Roma andò sotto immediatamente. In Sardegna Muzzi ci mise 2 minuti per andare a segno. A Salerno, Bernardini ne impiegò 11 per mettere dentro un rigore. A Venezia, per il gol di Recoba, bastò una manciata di secondi. Tre indizi, anche in quella occasione. Ma forse stavolta, come allora, non cè nessuna prova.