La Roma scopre il fascino straniero

25/10/2012 09:23

Straniero è bello Tutto sommato, quasi una conferma fatalistica dell'indirizzo esterofilo che sta vivendo la società giallorossa. D'altronde difficile meravigliarsi, visto la vocazione internazionale che non può non avere un club di proprietà estera (Usa) e con una parte importante del management appunto straniero. Le cifre qui accanto, infatti, illustrano come dal 2004 — stagione in cui il campionato di Serie A è diventato a venti squadre — nella Roma l'andamento dell'utilizzo degli stranieri in campo sia andato generalmente a crescere. Dall'inizio dell'era Di Benedetto-Pallotta, poi, c'è stata una accelerazione netta, visto che il minutaggio degli italiani è sceso al 30,1% del 2011-2012 e al 34,9 dell'attuale, visto che gli italiani impiegati sono stati solo 6 contro i 13 stranieri. Quasi un dimezzamento, se si pensa che nel primo torneo a 20 club gli italiani erano il 66,9%.

Mercato più facile A pensarci bene, il trend giallorosso è quasi speculare a quello che altre società (Inter, e Milan su tutte) negli ultimi anni stanno cercando di perseguire, ma in linea invece con tendenze da anni radicate all'estero. A Roma, forse, tutto questo desta più curiosità perché per tanto tempo si è vissuto su una retorica di romanità in «stile basco» che ha visto puntare su tanti «prodotti» locali: Aquilani, Bovo, Curci, Ferronetti, Galloppa, Pepe, Rosi e altri ancora, che si sposavano con un vertice con profonde radici romane (la famiglia Sensi e il d.s. Pradè). La «rivoluzione», però, ha conservato le fondamenta solide rappresentate da e (a cui si è aggiunto ), senza contare la permanenza tra i dirigenti di Tempestilli e Conti. Certo, la vocazione di puntare sul mercato estero (e sugli stranieri in generale: ieri la voce, smentita, su Ilicic del Palermo) è aumentata, arrivando a coinvolgere anche la Primavera, ormai ricca anche di precoci talenti stranieri, quando prima invece rappresentava davvero il palcoscenico dei migliori prodotti del bacino giovanile locale.
 
Speranza Filosofie diverse, quindi, che di sicuro hanno in comune la volontà di vincere e, se possibile, di non spendere troppo sul mercato. Cosa che non è successo in estate col corteggiatissimo . A proposito, ieri a sorpresa — proprio quando la preoccupazione per è lievitata — è tornato a riallenarsi in gruppo candidandosi per un posto da titolare. Una buona notizia per Zeman e per chi ama il «made in Italy». Ma in tempi di globalizzazione il rischio, in fondo, è quello di sentirsi fuori moda.