Minacce con la pistola, allenamento a -20. Il triste 'Libro nero' del calcio dell'est

10/10/2012 18:09

I dati sono il risultato delle risposte di 3.357 calciatori professionisti. Ne esce un quadro molto fosco: il 41 per cento degli atleti interpellati non percepisce l'ingaggio alla scadenza prevista, il 5.5 per cento deve aspettare più di sei mesi, il 2.2 addirittura più di un anno. E' la palude ideale nella quale possono sguazzare i criminali delle scommesse illecite. Bastano due percentuali per rendersene conto: l'11.7 per cento degli intervistati ammette di essere stato avvicinato da personaggi che volevano organizzare una combine. Ben il 55 per cento di questi calciatori era senza stipendio al momento del contatto. Ancora più preoccupanti altri numeri. In Montenegro ben il 94 per cento dei professionisti non riceve il salario nei tempi dovuti. In Grecia questa sorte tocca al 67.5 per cento. Nello stesso Paese il 30.3 per cento dice di aver ricevuto proposte per una combine (31.8 per cento in Kazakistan).

E' colpa anche di sistemi privi di un contratto collettivo per i calciatori, come invece esiste da oltre 40 anni in Italia (ed è un problema che esiste anche in Paesi dell'Europa occidentale, come il Beglio). In questo vuoto normativo si vede di tutto: molto "nero", giocatori assunti dall'azienda del proprietario anziché dal club sportivo e contratti che impongono all'atleta di versare autonomamente i contributi indipendentemente dalla percezione dello stipendio. Si tratta di questioni che possono incidere anche sul fair-play finanziario voluto da Michel Platini che, infatti, ha intrapreso anche una battaglia sociale a fianco a quella per una morigeratezza dei conti del pallone: lo scorso aprile Commissione europea, Uefa e rappresentanti di categoria di giocatori e club hanno sottoscritto un'intesa sull'obbligo di requisiti minimi di tutela di ogni contratto calcistico nelle Federazioni che aderiscono all'Uefa (quindi bacino decisamente più ampio di quello Ue). Ora toccherà ai singoli movimenti introdurre questo contratto minimo garantito per estendere diritti basilari a tutti i calciatori europei ed evitare che qualche club possa sottrarsi agli obblighi del fair-play approfittando di una situazione di illegalità diffusa.

Nel frattempo questa palude di sfruttamento e illegalità alimenta vicende umanamente drammatiche. Il Black Book ne racconta alcune, denunciate dalle vittime stesse. Emblematico il caso di Adis Stamboljia, 28enne centrocampista del Karlovac, club della Serie A croato. Adis è rimasto senza ingaggio per 9 mesi consecutivi. Una sera, visto che il club gli aveva tagliato anche l'affitto dell'appartamento dove viveva, ha dormito nello spogliatoio. "Prima degli allenamenti - scrive - facevamo la conta di quanto avevamo nel portafoglio. Qualche compagno non aveva più di un euro". Il Karlovac è stata la prima società croata a subire uno sciopero dei propri giocatori.

Notevoli le pressioni psicologiche per costringere i giocatori a rinunciare a buona parte di quanto pattuito nei contratti per insindacabile scelta di proprietà e dirigenti. Lo testimonia il calvario dell'attaccante russo Igor Strelkov, 30 anni, iniziato con il ritorno al Krylia Sovetov di Samara dopo il prestito all'Anzhi. Nel 2010 il Krylia non convoca Strelkov per il ritiro precampionato a Cipro e in Turchia, ma pretende che si alleni da solo correndo intorno allo stadio. Da notare che in Russia la preparazione (secondo il vecchio calendario del campionato, modificato nell'ultimo anno) si svolge tra novembre e dicembre. Significa che Strelkov deve correre da solo a -20 gradi. Ogni assenza viene considerate un inadempimento contrattuale (per motivi simili il serbo Vladimir Radivojevic viene invece costretto dal Mladost Lucani, Serie B serba, ad allenarsi da solo alle 7.15 di mattino e alle 11.45 di sera).

E' andata ancora peggio a Nikola Nikezic, attaccante montenegrino, 29 anni, ingaggiato dai russi del Kuban dopo un'esperienza in Francia con il Le Havre. Nel 2010 firma un biennale, ma appena un anno dopo i dirigenti gli chiedono di risolvere il contratto con dodici mesi di anticipo. Nikezic rifiuta e il club gli nega la possibilità di trovare una nuova squadra. Il braccio di ferro prosegue culminando con una convocazione del calciatore in sede. Durante il colloquio, in seguito al rifiuto dell'attaccante di firmare la risoluzione, entrano due energumeni che colpiscono Nikezic con un paio di violenti pugni al fegato e lo minacciano con una pistola. Poi iniziano a strangolarlo, spingendolo a firmare quando le forze cominciano a venire meno e affiora la paura di finire esanime. "E adesso non fare sciocchezze perché in Montenegro vivono molti russi e verremo subito a sapere tutto", l'ultima minaccia di uno degli aggressori prima di abbandonare la stanza con l'accordo sul quale è stato apposto un consenso carpito con la violenza. Ma non basta a far tacere Nikezic che coraggiosamente denuncia l'accaduto a Fifa, Uefa e Fifpro. "Se fossi stato zitto, questa storia si sarebbe potuta ripetere uguale".

Ci sono club che cambiano i contratti unilateralmente, come i montenegrini del Buducnost Podgorica che hanno cercato di spingere alcuni atleti alla risoluzione inventandosi una clausola che non esisteva al momento della firma. Oppure presidenti che girano nelle casse sociali ingaggi destinati ai calciatori. E' successo a Dejan Milovanovic, 28 anni, ex capitano della Stella Rossa. Il centrocampista, in passato convocato anche dalla Nazionale serba, viene ceduto al Lens nel 2008. Due anni dopo torna in prestito alla Stella Rossa con una clausola: parte dell'ingaggio sarebbe stato comunque pagato dai francesi. Solo che quei soldi non arriveranno mai sul conto del centrocampista perché i vertici del club di Belgrado decidono di girarli alla Stella Rossa. Milovanovic si ribella col risultato di venire messo fuori squadra accusato di turbare l'equilibrio della squadra.

Il quadro è completato da episodi di razzismo (un terzo degli intervistati in Russia e Repubblica Ceca dichiara di aver assistito a casi di discriminazione) e violenza in zone dove continuano a esistere conflitti striscianti, infinite code di guerre sanguinosissime. Ad esempio, il capitano della formazione riserve del Krasnodar, Spartak Gognyiev, 31 anni, è stato selvaggiamente picchiato da alcuni uomini in divisa nel tunnel degli spogliatoio dello stadio ceceno del Terek Grozny, dove stava passando per lasciare il campo in seguito a un espulsione per proteste nei confronti dell'arbitro. "Mi hanno accusato di aver insultato i tifosi, ma non è assolutamente vero". Anche fosse, non sarebbe una giustificazione per malmenare un calciatore con i manganelli fino a rompergli il naso, alcune costole e riempirlo di lividi.

E, quando il Libro Nero è stato presentato a Bruxelles, un giocatore dell'Est ha raccontato la sua drammatica vicenda in materia di scommesse illecite: per essersi rifiutato di truccare una partita, questo calciatore ha subito ritorsioni pesanti, come il sequestro del passaporto a lui e alla sua famiglia da parte dei faccendieri per impedire ogni fuga. "C'è una diffusa percezione secondo la quale i calciatori sono tutti ricchi e si possono permettere uno stile di vita inarrivabile. Questo può essere vero per alcuni calciatori, ma la stragrande maggioranza sono normali lavoratori che giocano per garantire una vita sicura per sé e le loro famiglie". Così inizia il Black Book della Fifpro. Vale per l'Est Europeo, ma non solo.