Risarcimenti alla Figc: un milione da Bergamo, 800 mila euro da Pairetto
18/10/2012 10:14
Violazione senza precedenti «Ritiene il Collegio che la prova dell'esistenza del danno d'immagine sia di comune dominio e sia stata rafforzata dall'esito del giudizio penale di primo grado. Esso consiste nella violazione senza precedenti dei fondamentali principi di lealtà sportiva», parole che suonano pesanti come un macigno nella sentenza emessa dalla «sezione giurisdizionale del Lazio» della Corte dei conti contro 14 tra arbitri e dirigenti arbitrali coinvolti in Calciopoli e tra di loro anche l'ex vicepresidente Figc, Innocenzo Mazzini, e gli ex designatori arbitrali Bergamo e Pairetto. I 14 dovranno versare nelle casse della Federcalcio circa 4 milioni di euro. I convenuti in origine erano 16, ma l'ex assistente Marcello Ambrosino è stato assolto perché «incerto è sia il possesso che l'uso di una scheda telefonica riservata» (era stato assolto anche dal procedimento penale di Napoli); per Maria Grazia Fazi assoluzione senza il rimborso delle spese legali e una «bacchettata» per il suo ruolo di «mediatrice» tra Bergamo e Moggi.
Non competenza Tutte le difese avevano puntato su tre aspetti: la tardiva citazione della Procura (rappresentata dal viceprocuratore generale Ugo Montella), la «non giurisdizione» della Corte dei conti sul danno d'immagine, la necessità di attendere il giudizio finale a Napoli. Il Collegio (presidente estensore Ivan De Musso, consiglieri Marcovalerio Pozzato e Maria Teresa Docimo) ha ritenuto che nessuna di queste eccezioni dovesse essere accolta. In particolare sulla necessità di attendere la sentenza definitiva di Napoli si spiega: «La conoscenza che il giudice contabile voleva acquisire...» era l'idoneità dei fatti posti in essere per falsare il risultato della gara, idoneità che nella sentenza di primo grado «emerge in tutta la sua evidenza». Infine sulla legittimazione della Procura a proporre l'azione risarcitoria per danno d'immagine, il Collegio ribatte che la legge spiega come il divieto sia fatto salvo se «sia stata già pronunciata sentenza anche non definitiva alla data in vigore della legge».
Ruoli e sanzioni Sgombrato il campo dalle eccezioni, il Collegio è entrato nel merito delle singole posizioni, ma con una premessa importantissima sull'utilizzo delle intercettazioni (utili «per formare il proprio convincimento») e soprattutto sul peso che le sentenze della giustizia sportiva hanno avuto nel dimostrare «le gravi violazioni intenzionali (e dunque dolose) commesse dai convenuti». La determinazione delle somme da risarcire ha seguito il codice civile e la prassi di fare riferimento a quanto la Pubblica amministrazione paga per un servizio «svolto in maniera irregolare». Partendo quindi da un compenso medio di 200-250 mila euro tra arbitri e designatori, il Collegio ha stabilito il massimo del risarcimento in un milione di euro.