Totti, De Rossi e Osvaldo fanno «il bene della Roma»

23/10/2012 10:38

Il «bene della Roma», nella partita contro il che potrebbe aver cambiato la stagione della squadra giallorossa, può essere quantificato con alcuni numeri. Palle giocate: 104, 94; passaggi riusciti: 78, 73; giocate utili: 27, 22; possesso palla: 4’44", 4’38". Al di là di ogni discussione sul modulo (è o non è un ?) e soprattutto al di sopra di ogni guerra di religione resta il dato incontrovertibile di due «registi» aggiunti a Tachtsidis, cioè l’uomo deputato da Zeman per quel ruolo. è stato il regista offensivo (con l’importantissimo valore aggiunto del gol da centravanti che ha riaperto la gara) e è stato, soprattutto nella ripresa, il regista difensivo. I numeri non sono tutto nel calcio, ma sono molto. E dire che fare un passaggio a un metro di distanza rende più alta la percentuale di riuscita è vero, ma anche statisticamente falso perché nessun calciatore in una partita — tantomeno nel calcio italiano — fa «solo» passaggi corti. Il dato di valutazione è reso valido proprio dalla varietà delle situazioni che capitano a tutti i giocatori, soprattutto ai centrocampisti. Gli altri dati «pesanti» della gara sono quelli di Dani Osvaldo: 51 palle giocate, 33 passaggi riusciti, 5 giocate utili, 19 palle giocate in zona area, 5 tiri e 3 nello specchio.

C’è chi ha parlato di autogestione da parte dei giocatori più esperti, ma in questo caso si è sicuramente esagerato per amor di polemica. Altro discorso, invece, è l’interpretazione che viene data alla gara dai protagonisti. In questo senso poco importa che la Roma sia «zemaniana» in tutto o in parte, perché il raffronto è improponibile se si fa riferimento a 13 anni fa. La patente di «zemanianità» non serve a nessuno, nemmeno allo stesso Zeman. Servono i miglioramenti dei giovani (Lamela, Piris, Marquinhos...) e il peso specifico dei migliori (, , Osvaldo). Avere giocatori che non sono soldatini è un valore aggiunto e non un limite, fermo restando il diritto dell’allenatore di fare le proprie scelte. Più della fede cieca, almeno per chi crede nell’evoluzione dello sport e della società, conta la condivisione di un progetto. Quello sì che è «il bene della Roma».