Goicoechea: «Mi merito un sei, ma il titolare è Stek»

30/11/2012 08:29

Goicoechea, secondo lei è giusto che ci sia turn over anche per il ruolo del ? Una volta non era così, con tre o quattro alternative per squadra...

«Vero, ma il mio esempio spiega tutto. Non appena sono arrivato si sono verificate delle circostanze per cui si è rivelato giusto che un grande club possa avere tre portieri di livello. Si è fatto male il primo, si è fatto male il secondo ed è toccato a me».

Presto Stekelenburg rientrerà: chi sarà il titolare?

«Nell’intervallo di Parma, quando sarei dovuto entrare al suo posto, è venuto a darmi l’in bocca al lupo, mi ha detto di stare attento e tranquillo. Sinceramente credo che quando rientrerà giocherà lui. Il titolare della Roma è lui, è Stek (lo chiama proprio così, ndr). Io sto giocando solo perché si sono fatti male sia lui che ».

E secondo lei come sta sfruttando l’occasione? Si dia un voto...

«Secondo me sto andando abbastanza bene, errore nel derby a parte. In pagella mi darei un 6».

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Ci racconta come è andato il passaggio dal Danubio a Trigoria?

«Il primo contatto l’ha avuto il mio agente, che mi ha prospettato questa eventualità. All’inizio però non ho voluto farmi troppe illusioni perché sembrava che il trasferimento fosse molto difficile. Durante la trattativa ero un po’ nervoso perché temevo che l’affare potesse saltare. Alla fine, quando tutto si è concretizzato, sono stato felicissimo. Non vedevo l’ora...».

Sta scoprendo Roma e la Roma: se le aspettava così?

«Mi avevano detto che la à è meravigliosa. Mi aspettavo di incontrare qualche difficoltà inizialmente, soprattutto per via della lingua. Poi ho scoperto anche con i fatti di essere arrivato in un grande club perché mi hanno fatto sentire subito tutti a mio agio. Ora sono ancora più felice».

E i tifosi giallorossi?

«Sapevo che la gente è molto calda qui e l’ho notato soprattutto nell’ultimo periodo. Quando mi incontrano mi salutano, dopo il derby mi aspettavo tante critiche per il mio errore, invece mi sono stati vicini. Anche in Uruguay il pubblico è sempre molto a contatto con la propria squadra, anche se io ero in un club che non è il più importante del mio Paese».

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Come è stato accolto dal nuovo spogliatoio?

«Benissimo. Io sono alla prima esperienza in una nuova squadra, fino a tre mesi fa avevo giocato solo con il Danubio, fin da quando ero al settore giovanile, quella era casa mia, quindi per me è tutto nuovo. All’inzio ho legato maggiormente con i giocatori di lingua spagnola come Burdisso, Lamela, Nico Lopez. Ma tutti mi hanno accolto in maniera calorosa. Ancora non sono riuscito a uscire con qualche compagno: la volta che Burdisso mi ha invitato a cena non potevo. Non mancheranno altre occasioni».

Chi la vede allenarsi racconta che è animato da grande carattere.

«Quando sono arrivato gli altri portieri erano con le nazionali. L’immagine che ora tutti hanno di me è forse dovuta al fatto che con il ho iniziato da solo e ho cominciato a chiedere consigli, a lavorare quanto più possibile. Anche perché se un tecnico ti spiega delle cose, lo fa per migliorarti. Anche il rapporto con gli altri portieri è ottimo. Vado d’accordo sia con Stekelenburg che con , e questa è una cosa importante perché dobbiamo trascorrere molto tempo insieme».

Si è già parlato del suo riscatto? Pensa di riuscire a convincere la Roma?

«Il discorso è prematuro, ora penso a godermi il momento lavorando al massimo. Certo che mi piacerebbe, ma adesso non è ancora il caso di parlarne».

I portieri sudamericani sono molto diversi da quelli europei?

«Sì, e me ne sto accorgendo durante gli allenamenti svolti con Guido (Nanni, il dei portieri giallorossi, ndr). Sono differenti perché è differente il modello di calcio».

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Il suo compagno di squadra ha anche parlato, in termini entusiastici, di “normalità”. Ha detto che nel calcio italiano, a Roma soprattutto, non esiste. Per lei c’è davvero troppa pressione?

«La realtà da cui provengo è totalmente diversa, in Uruguay non succede lo stesso che sto vivendo qui per la prima volta, non avevo mai ricevuto tante attenzioni. Non sta a me giudicare se l’attenzione e la pressione che ci sono nel grande calcio siano giuste o meno, credo faccia parte del gioco. Come faccio a non montarmi la testa? Ho sempre cercato di farmi apprezzare per quello che sono. Sono contento di quello che sto vivendo, di quello che mi sta succedendo qui e adesso».

E’ sposato? Ha figli?

«Ho una moglie, a dicembre festeggio un anno di matrimonio. Niente figli ancora. Come mi definirei da marito? Comprensivo. E un po’ geloso».



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Chiudiamo tornando per un attimo al gol subito nel derby. Zeman ha detto che per lui non è stato un errore ma si trattava di un intervento difficile...

«Ma il mio errore c’è stato, tanto che ho chiesto scusa ai tifosi romanisti. Sono andato con i pugni mentre avrei dovuto mettere le mani così (apre le dieci dita davanti al viso, come a bloccare di nuovo quel pallone calciato da Candreva, ndr). Era difficile, è vero, la palla ha cambiato direzione all’ultimo, ma l’errore c’è stato. Ne ho parlato tanto, con tutti, credo ci possa stare. So che devo lavorare ancora molto per migliorare, quell’errore ormai voglio lasciarmelo alle spalle».