Roma difenditi!

14/11/2012 08:25

Dopo quindici mesi però la Roma è al punto di partenza. Mentre sul piano commerciale sono stati fatti importanti passi avanti, con iniziative lodevoli e avveniristiche a favore dei tifosi e contratti prestigiosi su scala internazionale (Disney, Volkswagen), aspettando che le scelte strategiche si riflettano in un aumento dei ricavi che aiuti il bilancio a respirare, nell’area sportiva non si sono ancora visti progressi. Se non fosse per i tre punti a tavolino ottenuti a Cagliari, Zeman avrebbe tre punti in meno rispetto alle prime dodici giornate di Luis Enrique. La media-punti dei primi due campionati è largamente inferiore a quella dell’èra di Rosella Sensi, bistrattata per tanti motivi. (...)

 

 Le scelte, con la dirigenza che ha sempre voluto stupire 

L’espressione «rivoluzione culturale», accompagnata dalle citazioni letterarie e filosofiche, ha probabilmente creato un alibi alla squadra. Che nel primo anno, dopo le prime sconfitte, ha visto persino comparire in un enorme striscione anonimo («Mai schiavi del risultato»). I dirigenti, nel frattempo, parlavano di una stagione di prova, di una società al numero zero, come se il campionato di serie A fosse uno stage formativo. E così la Roma è uscita per due anni di fila dall’Europa e ha visto uscire di scena l’allenatore su cui assicurava di pianificare il futuro.

Da questo equivoco, cultura versus natura, la nuova Roma non si è più saputa liberare. E le recenti parole di James Pallotta, un manager che conosce bene la logica degli sport americani ma è un po’ meno esperto di calcio italiano, non hanno aiutato Zeman e i giocatori. Se si fissa la vittoria «in cinque anni», si chiede troppo alla pazienza dei tifosi. Che infatti si sono lamentati a reti unificate il 25 aprile, dopo la sconfitta all’Olimpico contro la che ha segnato il destino di Luis Enrique. (...) Quel piazzamento vale la League e a inizio stagione era stato ufficialmente dichiarato come traguardo da Paolo Fiorentino(...)

 

Due tecnici presi dopo averne trattati diversi altri

(...) E così Baldini, con i compiti da presidente, ha avuto campo libero nella selezione degli allenatori. Ma in nessun caso è riuscito ad agganciare la prima scelta. Al primo tentativo ha assorbito i rifiuti di Guardiola e Villas Boas, per poi puntare sul quasi debuttante Luis Enrique proprio su suggerimento di Guardiola (...)

Nel secondo caso ha richiamato Montella, con il quale aveva già programmato le date del ritiro, ma ha rotto con l’interlocutore sui dettagli economici e sulle strategie di mercato. A quel punto, solo a quel punto, Baldini si è rivolto a Zeman (che aveva già annunciato la volontà di rimanere a ), comprendendo che sarebbe stato un nome gradito all’ambiente, che avrebbe potuto rappresentare una scommessa affascinante nella ricerca del «calcio attrattivo» quasi mai visto con Luis Enrique, e che avrebbe rimpinguato le casse della società attraverso gli abbonamenti. Niente di male, chiaro, ma a Zeman un anno prima era stata offerta la gestione del settore giovanile. Se è stato riportato in fretta e furia a Trigoria come allenatore della prima squadra, non è stato solo per il formidabile campionato di serie B che aveva vinto a . E’ stato anche perché non c’erano (più) alternative proponibili sulla piazza romana.

 

La presenza della proprietà: la distanza non aiuta nessuno

Baldini è appena tornato da un blitz di due giorni a New York, dove ha spiegato al padrone Pallotta le difficoltà della squadra e i vari problemi di gestione. Ma la distanza fisica della proprietà a Trigoria si sente. (...)

La verità è che in Italia, per una visione romantica o comunque per un’esigenza di identificazione, siamo abituati al presidente vulcanico e irascibile che interviene e che di tanto in tanto fa sentire la sua voce ai giocatori e ai tifosi. Succede con Moratti, con De Laurentiis, con Agnelli, con Lotito, persino con Berlusconi che pure ha altre faccende di cui occuparsi. La Roma a volte sembra sperduta, senza guida. «Sarebbe meglio se il presidente fosse qui, anche se i dirigenti sono molto professionali» ha ammesso qualche settimana fa Zeman. I giocatori stessi si sentono più liberi di muoversi come credono. Chi esercita il controllo sulle attività quotidiane? Baldini, , . Tre bravissimi dipendenti. Ma non i padroni. E tra i presidenti delle altre società, che si chiamino Lotito oppure Cellino, piovono parole ironiche: «Chi è il presidente della Roma?». James Pallotta. Che però non c’è mai.(...)

 

La definizione dei ruoli: troppi soggetti e poca chiarezza

Venerdì in Italia arriverà Mark Pannes, braccio di Pallotta e amministratore delegato pro tempore della Roma. Aspettando che venga scelto il famoso supermanager che da mesi deve prendere il suo posto per garantire una presenza stabile a Trigoria, sarebbe opportuno che Pannes chiarisse i ruoli all’interno della società. Al di là delle deleghe operative, che formalmente distribuiscono i compiti, la Roma ha un doppione di tutto: due proprietari (la cordata americana e la banca Unicredit); due amministratori delegati, che in inglese vengono chiamati (Pannes e ); due dirigenti che si spartiscono l’area sportiva (Baldini e ) trasmettendo un’idea di diarchia, più che di scala gerarchica, variabile a seconda dei giorni e delle specifiche conoscenze; due responsabili della biglietteria; due responsabili della sicurezza. Sono entrati inoltre un direttore commerciale, Christoph Winterling, e un direttore dell’area digitale, Shergul Arshad, figure che prima la Roma non possedeva.

Un così ampio coinvolgimento di figure professionali è la conferma delle ottime intenzioni della nuova società. «Nessuno in serie A ha investito così tanto sul management» dicono orgogliosi a Trigoria. E va tutto bene. Purché siano chiare, per ciascuna di queste figure, le competenze, l’utilità e i limiti. (...)

 

Tanti acquisti e investimenti ma anche errori sul mercato

Ventotto giocatori e centodieci milioni investiti, con un saldo negativo nel panorama acquisti-cessioni di oltre sessanta milioni. Non si può dire che i dirigenti, dotati di un budget interessante nonostante un bilancio terribile ereditato dalla precedente gestione, siano rimasti fermi sul mercato. In tre sessioni: estate 2011, inverno 2012, estate 2012. Ma la prima stagione è stata insoddisfacente (...)

Quindi qualcosa era stato sbagliato nella creazione della squadra del rinnovamento. Josè Angel, Bojan, Gago, Kjaer, Heinze sono stati bocciati senza appello. invece è stato un affare: pagato 9, è stato venduto a 13,5. In pratica solo Lamela, e (con titubanza) Stekelenburg sono stati confermati. C’è anche Osvaldo, naturalmente. Ma il suo caso è particolare: a lungo è stato vicino alla cessione. Se non fosse arrivato Zeman, probabilmente oggi sarebbe altrove. (...)

 

Le parole su : quanti cambi di direzione

E’ difficile pensare che Zeman abbia agito in totale autonomia nella gestione di . Se così fosse, sarebbe curioso: un capitale strategico della società, oltre che una bandiera della Roma, è stato messo in concorrenza con un giovane greco venuto dalla serie B, Tachtsidis, senza che i dirigenti abbiano ritenuto giusto immischiarsi.

(...)

ha sbagliato diverse volte, l’ultima prendendo a pugni Mauri, ma almeno è stato schietto, nella conferenza di fine mercato: «Non ho mai chiesto di andare via, ci tengo a dirlo. Quando questo succederà, lo confesserò». Il nodo è proprio questo. Se la Roma e si separeranno, ipotesi a questo punto concreta sia per questioni finanziarie che per ragioni tecniche, è stato più ad allontanarsi dalla Roma o la Roma ad alimentare un’asta per ? Se fosse vera la seconda strategia, si capirebbero anche le varie frecciate di Zeman. Ma anche il nervosismo e lo scoramento del giocatore. E la Roma, nel tentativo di alzare il prezzo, avrebbe ottenuto l’effetto opposto, svalutando un patrimonio.