Tra i banchi la lezione di Ago

30/11/2012 09:23

Perché «il desiderio di Ago è sempre stato quello di insegnare qualcosa agli altri, soprattutto ai giovani come voi» lo avalla Luca Di Bartolomei. Finita la proiezione del film, con Luca sul palco pronto a raccontare di suo padre e del loro rapporto, la parola d’ordine tra i ragazzi presenti è una sola: rispetto. Con l’aggiunta di una punta di imbarazzo, quella che ti assale quando ti ritrovi di fronte all’erede diretto dell’idolo di cui hai sempre sentito parlare da tuo padre o tuo zio. Quello che non hai vissuto in prima persona, di cui hai soltanto letto, che hai rivisto in qualche vecchio filmato. «Grazie di avermi permesso di confrontarmi con voi in maniera così stimolante» è l’esordio di Luca Di Bartolomei, di fronte ad una platea di circa 100 ragazzi e ragazze tra i 14 e i 18 anni. «Vorrei darvi tanti di quei consigli, ma non sono in grado di farlo. Quello che mi sento di dirvi è che quando vi approcciate allo sport, dovete viverlo con divertimento e leggerezza, come si vive alla vostra età. Divertitevi e trovate il bello nello sport, e non abbiate mai paura di sbagliare». Riflessione nata dalla visione del film “11 metri – The penalty”, documentario che ripercorre la vita dell’ex capitano della Roma Agostino Di Bartolomei. « L’idea è nata dal regista e dal produttore – racconta Luca -, ovvero Francesco Del Grosso e Daniele Esposito. Io e mia madre avevamo già rifiutato molte offerte da parte di registi anche importanti, che volevano raccontare la vita di Ago in un film. Ma a noi non andava. Ma loro due ci hanno convinto. Perché l’idea che siano due giovani a raccontare il personaggio, l’uomo Agostino, è affascinante. E’ quello che mi auguro che facciate anche voi nella vita: raccontare storie, la cosa più bella del mondo». 

Un film semplice, capace di «raccontare Ago attraverso voci discordanti. Sono riusciti a indagare sulla storia e sulle relazioni sociali di un uomo attraverso le parole, ma soprattutto le contraddizioni, di chi gli stava accanto» dice ancora Luca. La platea ascolta attonita ogni parola, e solo qualcuno, timidamente, azzarda qualche domanda. Le curiosità sono ingenue, ma non banali: il peso di un cognome così importante, il rapporto con la mamma, il dramma di chi non ha sopportato il declino della propria carriera, come Agostino. «Il ritiro di un calciatore dal campo è una fase complicata, perché dopo che sei riuscito a costruire una certa empatia con chi la domenica ti osanna, quando questo finisce qualcosa ti si rompe dentro. Non è semplice sapersi reinventare, creare una nuova vita dopo aver fatto per più di 20 anni una sola cosa. Mia mamma? E’ stata il fulcro della nostra famiglia».

Da semplice tifoso, anche Vittorio Lombardi – musicista e interprete dello storico inno di "Campo Testaccio" – ricorda con commozione Agostino: «Ricordo la sua umiltà, oltre alla sua grandezza in campo. E capisco quello che può aver provato quando gli è venuto a mancare il lavoro di una vita». I ragazzi del Rossellini Agostino non l’hanno vissuto, ma hanno imparato a conoscerlo e amarlo. E alla fine di una mattinata che difficilmente dimenticheranno, lanciano un messaggio al mondo attraverso uno striscione fuori dalla scuole: «Questo mondo coglione piange il campione quando non serve più». E poi cantano, forse alcuni consapevoli per la prima volta, “Ooo Agostino!”.