08/11/2012 09:47
Lui. Non parlare. Non replicare. Non cè dubbio, è la medicina migliore. Per una città chiassosa, dove convivono spesso a fatica più anime del tifo, e quindi più voci, più opinioni, è meglio restarsene al proprio posto, lavorando in allenamento, cercando di interpretare sul campo lo spartito zemaniano nella maniera migliore possibile. Non si può nascondere ciò che è solare, non si può far finta che il rapporto tra Daniele e Zeman sia lo stesso che cera tra Daniele e Montella o tra Daniele e Luis Enrique. Non lo è, punto. Però De Rossi ha un pregio raro. È un puro, oltre che un duro. Dice quello che pensa. Sotto questo punto di vista, è molto simile al suo allenatore.
Ma proprio per questo, perché sa di essere un puro, sa che parlando rischierebbe di esternare quella pessima sensazione di sentirsi un corpo estraneo. Però non è così, non è un corpo estraneo e non lo è certamente per Zeman, che invece - raccontano a Trigoria - tende a bacchettare chi reputa importante, chi stima, chi crede che non stia rendendo come invece può. Zeman lo fa in pubblico, e questo può irritare qualche giocatore. Ma Zeman è Zeman, Zeman è questo, Zeman è tutto il pacchetto, è un totem della legalità, un integralista (nella sua accezione positiva) del 4-3-3. Si sapeva. Si sa. E questa sua limpidezza, nelle parole e nei fatti, si riflette sulle formazioni che schiera. Il Maestro decide in base alle sensazioni e alle soluzioni che prova in allenamento durante la settimana.
Se un calciatore - è successo qualche settimana fa con un compagno di De Rossi - manifesta delle perplessità, ci si confronta. Ma poi è il tecnico a valutare se quelle perplessità possano o meno influire sul rendimento in partita. Non è un problema quindi di collaborazione, quella che per qualche tifoso De Rossi non sta offrendo a Zeman, è invece una questione di ambientamento. Ambientamento nel modulo. Per qualcuno è stato più rapido, per qualcun altro più lento. Ed è da folli pensare che un campione del mondo, uno che da quando è titolare con la Roma (stagione 2004/05) ha sfiorato due volte lo scudetto, ha conquistato due Coppe Italia e una Supercoppa Italiana, non voglia o non possa giocare come dice Zeman. È folle. È falso.
E infatti ieri in partitella il Maestro ha provato una linea a tre composta dal regista Tachtisids, e dagli intermedi Florenzi e De Rossi. Appunto. Ed è folle, è falso, sostenere anche che Daniele De Rossi sia solo in questo caotico mondo romanista. Non lo è dentro lo spogliatoio e non lo è fuori. Non lo è, e non solo per uno striscione appeso fuori Trigoria. Non lo è per tanta gente che non dimentica il senso delle cose, non scorda le parole. Quali? Queste. «Devo ammettere di averci pensato, e mi sono chiesto come sarebbe giocare allestero, ma ad essere onesti Roma è tutto per me: è la mia vita. Non sarei felice da altre parti. Ovviamente non si sa mai cosa potrebbe succedere, ma al momento non riesco a vedermi in un altro club o a vivere da una parte che non sia Roma». Sono concetti dal valore assoluto. Si chiama amore. Lo stesso che nutrono i tifosi per la Roma, lo stesso che nutre De Rossi per la Roma, lo stesso da 29 anni a questa parte, lo stesso che Daniele dimostrerà tra 72 ore. Sul campo