01/12/2012 10:06
Via crucis La legge-fantasma è diventata ormai un mantra per i presidenti di società, che a turno l'hanno invocata come strumento indispensabile per avviare l'ammodernamento degli stadi. Una vicenda grottesca: prima l'ok del Senato nell'ottobre 2009, poi lo stop di quasi tre anni alla Camera, quindi l'illusione del varo qualche mese fa. A luglio, infatti, Montecitorio aveva licenziato il testo con alcune modifiche. Tornato in Senato, lì si è fermato, forse per sempre. Si è agitata molto l'ala ambientalista del Pd, che teme speculazioni edilizie. Tutto ruota attorno alle cosiddette compensazioni. Cosa vuol dire? Che uno stadio si può fare se c'è un ritorno dell'investimento, e questo può esserci solo con le attività collaterali (residenziali, direzionali, turistiche, commerciali). La formula trovata prevedere «ogni altro insediamento edilizio ritenuto necessario e inscindibile, purché congruo e proporzionato ai fini del complessivo equilibrio economico e finanziario» pareva ai più un buon compromesso. Evidentemente no. Chi l'ha sottoscritta nel 2008 come primo firmatario, il deputato democratico Giovanni Lolli, sa bene che la legge è entrata in un vicolo cieco e, salvo miracoli, non ne uscirà in questa legislatura: «S'aspetta il parere della commissione bilancio, non si capisce perché non la mette in calendario. Eppure il sì è scontato visto che non serve la copertura finanziaria. Evidentemente la si vuole far morire. Le nostre società di calcio si stanno indebolendo sul piano finanziario ma gli investitori esteri puoi attrarli solo se c'è un progetto industriale serio, che ruoti attorno allo stadio. Per poter competere con altri sistemi più avanzati, il calcio italiano deve essere messo in condizione di ripartire, non con finanziamenti pubblici ma con regole nuove, imponendo tempi certi per i passaggi burocratici».
Eccezioni La legge, però, è pure un alibi. La Juventus ci è riuscita senza. E l'Udinese seguirà a ruota: dopo aver acquisito il diritto di superficie sul Friuli, farà partire i lavori di ristrutturazione a maggio. Le altre? Quando va bene, progetti chiusi in un cassetto. Più popolare spendere in stelle o presunte tali: negli ultimi 13 anni sulla A sono piovuti 9 miliardi dai diritti tv; 12 sono stati spesi per gli stipendi.