Il trotto a Roma non esiste più. E lo stadio? Dopo il 2016

31/01/2013 10:55

Storico L'ippodromo non è solo quello che i profani associano banalmente al film cult «Febbre da cavallo». A Tordivalle, pista del Derby, si sono registrate pagine sportive formidabili, a partire dalla sua nascita, il 26 dicembre 1959: 20mila persone per la sfida Tornese-Crevalcore. Ed erano 21mila quando Varenne nel 2000 schiantò i migliori d'Europa per un Galà indimenticabile. I più grandi driver e cavalli hanno corso su una pista non più curata che sta già cedendo. Nel silenzio del ministro Catania, un fantasma.
 
La crisi e lo stadio Mercoledì 26 gennaio ultima giornata di corse. Dopo l'annuncio della messa in liquidazione, è scattato lo sciopero dei 50 dipendenti, senza stipendio da 9 mesi. L'Assi non ha nemmeno risposto alla lettera di comunicazione della società. Ma perché? L'accordo (del 2010) con l'imprenditore prevedeva la vendita di terreni e impianto (45 milioni) in cambio della costruzione di un nuovo ippodromo (da 10 milioni) più piccolo e funzionale a Pescaccio, quartiere a ovest di Roma. Il tutto al momento dell'approvazione del sindaco di un accordo di programma con la garanzia per di poter costruire un impianto con finalità sociali (). Fino ad allora (estate 2014) la zona resterà di Gaetano Papalia, che prova a spiegare: «I costi di gestione sono diventati impossibili. Abbiamo crediti con l'Assi (3 milioni, ndr) e gli affittuari dei box (1,2 milioni, ndr), ma debiti verso l'erario che non abbiamo pagato senza i pagamenti Assi. Equitalia ha pignorato i crediti e a noi non arriva più nulla. La mia proposta fino al 2014, quando potrebbero iniziare i lavori per un nuovo ippodromo (quindi dello , pronto dopo il 2016) è di correre in regime di concordato preventivo, sotto il controllo del Tribunale. Le corse vanno salvate e con loro i posti di lavoro».
 
Fuga Un'alternativa prende corpo, la costruzione di una pista di trotto all'interno delle Capannelle di galoppo. Ma intanto è fuga: sono rimasti a Tordivalle solo 5 allenatori. Fra questi Mario Ferrara: «Siamo abbandonati e alla fine dovremo andare. Ma il governo, che fa?». Già. Il governo che fa?