Sacchi: «Da Destro a Insigne la strada è giusta. Ma s'investa di più»

12/01/2013 09:42



Quali sono state le direttrici della sua esperienza in Figc?

«Stiamo facendo molte partite internazionali per fare acquisire una mentalità internazionale ai ragazzi delle rappresentative. Abbiamo creato l'Under 15 e giocato tra U15 e U17 un centinaio di match, che rappresentano uno sforzo importante per la Federazione visto che ogni gara ci costa circa 50mila euro. Vediamo ogni fine settimana tra le 40 e le 50 partite con uno staff di tecnici e osservatori. Ma soprattutto abbiamo dato un protocollo di gioco alle nostre nazionali».

Come fa il , dalla cantera alla prima squadra.

«Il modello è il calcio totale che predilige il c.t. Prandelli, siamo convinti che sia il calcio dell'oggi e del domani. In Europa si pratica un calcio più aggressivo che in Italia, dove tutti partecipano: nell'era della globalità si immagini se è possibile restare fermi alla specializzazione dei ruoli. È ciò che dovrebbero fare pure le società: c'è uno stile, andiamo a prendere i giocatori e li alleniamo per quello stile di gioco. Lo fa la Germania, lo fa la Francia, in Italia è una cosa inusuale. Di solito si ingaggiano gli allenatori più disparati a scapito della continuità di insegnamento».

Risultati?

«Ci siamo qualificati alla fase finale dell'Europeo Under 21 giocando bene, ora lottiamo per lo stesso traguardo con Under 17 e 19. Ma quel che conta per noi è la formazione dei giocatori. Grazie anche alla lungimiranza di Prandelli siamo riusciti a portare in due anni nella nazionale maggiore giovani che giocavano in Lega Pro o in Primavera. Sono stati valorizzati talenti come Insigne, , El Shaarawy, , , Gabbiadini. Si punta sul gioco e sull'etica del gruppo. L'impegno, la generosità, il rispetto devono essere massimi, altrimenti può capitare di restare fuori per un paio di mesi».


I giovani stanno avendo più spazio nei club ma ha notato una maggiore sensibilità da parte delle società sul tema dei vivai?

«Stiamo cercando di coinvolgere di più i club. La ci ha dato soddisfazione creando la prima accademia in Italia, anche la Reggina si è mossa in questa direzione e la
ha annunciato la nascita di un liceo. Nelle accademie i ragazzi possono lavorare fino a 20 ore a settimana contro le 4-6 dei sistemi tradizionali. Il vantaggio in termini di didattica calcistica è enorme. Partiamo svantaggiati perché in Germania, Francia, Inghilterra, Austria, Svizzera le accademie sono obbligatorie per i club».


C'è anche un problema di preparazione dei tecnici.

«Vero. Abbiamo bisogno di ampliare le loro conoscenze, a cominciare dalla base. Oggi la maggior parte dei giovani viene prelevata dalla A e dalla B, qualcuno dalla Lega Pro. Stiamo studiando qualcosa per valorizzare il pianeta dilettanti. Se vogliamo evolverci, dobbiamo investire di più nei settori giovani, dobbiamo selezionare maestri e non l'amico dell'amico o l'ex giocatore che ha già un contratto, dobbiamo dare una correlazione chiara agli insegnamenti evitando la filosofia del giocare per vincere».

Allegri ha proposto la separazione dei corsi a Coverciano tra chi allena le giovanili e chi guida le prime squadre. D'accordo?

«Sì. Quando la Francia si inventò i centre de formation, Italo Allodi obbligò tutti i club ad avere un responsabile tecnico che avesse completato il Supercorso di Coverciano riservato ai settori giovanili. Partecipammo io, Zeman, Mondonico e altri, ma dopo 3-4 anni siamo passati tutti nelle prime squadre. Dovremmo tornare a quell'istituto perché serve la specializzazione. E sarebbe utile dare più soldi al settore tecnico affinché si facciano più corsi per migliorare i nostri insegnanti».