Herrera aprì il Flaminio, Mazzone chiuse tutto

21/02/2013 08:57

Fino all’arrivo di Bruno Conti nel marzo del 2005. Primavera. Quella che poi ha portato Spalletti. E poi a ieri. Oggi che la Roma torna alla gente, alla sua storia scandita dalla partecipazione dei suoi tifosi, puntualmente. E non solo allo stadio. La tradizione a porte aperte della Roma è nel dna della Roma e di Roma à. Aperta. Sempre, anche nei momenti più neri della sua storia, anche in quello più buio: la Colletta del Sistina. Era un altro pomeriggio di un altro campionato, stagione 1964/65, un’altra contestazione dei tifosi a un altro allenatore: Juan Carlos Lorenzo. «Ma che contestate? Non abbiamo neanche i soldi per andare in trasferta a Vicenza» disse ai tifosi che gli risposero: «Ve li diamo noi». Al Sistina, per un totale di un milione e 434.455 lire. Siamo alla preistoria della ricapitalizzazione e tutto nacque da un allenamento a porte aperte al «Tre Fontane» dove la Roma si allenava prima che Anzalone la portasse a Trigoria.

Al Tre Fontane per andare a vedere le “partitelle” della Roma ci andavano anche 15.000 persone che oggi non si vedono nemmeno su certi campi di serie A. Alla Roma succedeva durante gli allenamenti fra il ’65 e il ’68. Erano i tempi di Oronzo Pugliese, il mago di “Turi” (il paese in provincia di Bari dove nacque nel 1910) passato alla storia oltre che per il suo particolarissimo dialetto e per aver lanciato Fabio Capello, anche per le infuocate partite infrasettimanali organizzate fra la squadra A e la squadra B della Roma o contro la Tevere Roma. Era un appuntamento come possono essere stati poi quelli domenicali. «Gioca la Roma» dicevano i tifosi che non mancavano una partita perché in quelle partite si giocava sul serio, perché i calciatori si giocavano un posto da titolare e la gente era lì, sugli spalti a tifare.

Se la Roma di Pugliese non è stata una grande Roma per la stampa a un certo punto divenne anche colpa di quelle gare: «troppe energie spese, troppo agonismo», scrivevano i giornali. Era passione popolare. Dopo Pugliese, Helenio Herrera. Arrivato a Roma per ridarle lo scudetto, il Mago e basta, mister HH, pensava in grande in tutto: la Roma si allenava al Flaminio di mercoledì. A porte aperte. Altre partitelle che servivano ad Herrera per lanciare i suoi giovani, come Giovanni Bertini e Giovanni Rosati. Lo scudetto a Roma Herrerà non lo portò e la Roma tornò al Tre Fontane. Ci riuscì Nils Liedholm, non subito perché prima ha dovuto allenare "campioni" come Musiello.

Quando arrivò dall’Avellino era capocannoniere con 18 gol in serie B (insieme a tale Roberto Pruzzo) ma le aspettative dei tifosi durarono il tempo del primo allenamento. A porte aperte. «Eravamo lì per Musiello e capimmo subito cosa sarebbe stato: neanche in allenamento riusciva a segnare». Racconta chi c’era. Anche a questo serve aprire i cancelli ai tifosi: non illudere. O sognare: lo fatto chi ha visto Paulo Roberto Falcao allenare. E’ l’epoca di Trigoria, chiusa quella del Tre Fontane; Anzalone passa a Viola che col Barone vince lo scudetto. Il merito, a sentire Nils, è anche aver cambiato il giorno dell’allenamento aperto al pubblico. Succedeva il giovedì per un’amichevole quasi fissa con i Vigili Urbani.

Una volta la Roma perse 2- 1, difficile anche per il paradossale Liddas definire «squadra di Vigili squadra più forte del mondo» e il giorno aperto al pubblico divenne il mercoledì. Scaramanzia. Anche quella di Fabio Capello che ebbe l’ardire di aprire le porte nell’anno dello scudetto, nella settimana che portava a Roma-Bari. Con l’ultima in classifica finì 1-1. Capello ci ripensò e richiuse le porte, prima di sbatterle in faccia alla Roma tre anni dopo. Oggi la Roma le riapre ai suoi tifosi, a chi non ha mai tradito