La Roma rifondata sul dialogo

18/02/2013 11:01

Sessant’anni, storico collaboratore di Luciano Spalletti, messo fuori da Ranieri e messo ai margini da Zeman, buon amico di Luis Enrique che, con il suo staff, gli ha mandato via un affettuoso in bocca al lupo per la nuova avventura. Si descrive come un innamorato di calcio—e della Roma —, un perfezionista che passa la vita a Trigoria, comprese le notti. Un’attenzione particolare per gli schemi sui calci piazzati, ma anche per quello schema di vita che è alla base di ogni gruppo: il dialogo. In questo è stato l’anti-Zeman, ancor più che nel cambio di modulo: dal marchio di fabbrica del boemo al 3-5-2 usato con poca fortuna contro la Sampdoria e al 3-4-2-1 che ha battuto la che, fin qui, era caduta in campionato solo tre volte (Inter, Milan e Samp). Zeman aveva detto «daje» nello spot della Volkswagen, con una buona dose d’ironia, mentre Andreazzoli l’ha detto alla squadra nello spogliatoio, prima di affrontare la .Magari non ha un accento romano perfetto,ma ilmessaggio è arrivato a segno.

Le decisioni finali sulla squadra sono sue, ma nascono anche da un confronto con i giocatori più esperti e rappresentativi. La difesa a tre, per esempio, ha permesso di recuperare un leader come Burdisso e schierato regista, nel ruolo che sente più suo, ha anche evitato che il bosniaco e si «pestassero i piedi » come accadeva spesso con Zeman. Difficile dire se il buonsenso basterà per ribaltare la stagione, ma è certo che qualche cambiamento Andreazzoli l’ha già portato. «Il merito è sempre dei calciatori— ha detto ai microfoni di Sky domenica sera —. Siamo sempre stati vicini a loro e abbiamo cercato di rasserenarli. Lo abbiamo testimoniato anche con il riscaldamento sotto la curva, perché avevamo bisogno di energie e sicurezze».

Potevano esserci fischi, o peggio. Così non è stato e questo è un risultato importante come i tre punti. La Roma di Andreazzoli non sarà mai spettacolare come quella di Zeman ( eMilan le partite da mettere in vetrina) ma non è detto che il calcio sia solo fase offensiva. Tra l’altro, sia a Marassi che contro la , sono stati schierati tre attaccanti—, Osvaldo e Lamela—più un centrocampista offensivo come . È difensivismo? «Ho detto a mio figlio che avrei accettato questo incarico anche se mi avessero dimezzato lo stipendio. Era una sfida con me stesso». La vita può davvero cominciare a sessant’anni. E, in ogni caso, nessuno toglierà ad Aurelio Andreazzoli la gioia — che lui chiama «godimento» — di aver vinto al suo debutto da «capo» all’Olimpico.