03/02/2013 10:34
Francesco Totti, 31 ottobre 2012, dopo il ko di Parma. Aveva capito tutto, Francesco Totti. Aveva capito che soltanto seguendo Zeman in tutto e per tutto e mettendo in pratica i suoi insegnamenti la Roma avrebbe potuto evitare un altro anno di transizione. A ottobre lo aveva detto, il Capitano. Si era esposto pubblicamente per difendere lallenatore a cui è più legato e si era esposto per lui anche a Trigoria, in quelle che spesso vengono chiamate segrete stanze: aveva detto a tutti di seguire Zeman e per tutti si intendono i compagni, dai più giovani ai senatori, ma anche i dirigenti, evidentemente non tutti convinti, fin dal primo giorno, della scelta dellallenatore boemo. Con lui e per lui Totti ha sempre avuto un rapporto speciale: con lui è diventato il Capitano, con lui si è scoperto attaccante, con lui è cresciuto a 23 anni e con lui, a 36, è tornato ragazzino. Con Zeman, tra campionato e coppe, Totti ha messo insieme 100 presenze complessive e 38 reti. Numeri ufficiali, numeri a disposizione di tutti, numeri che raccontano un legame unico ma solo parzialmente perché quello che, realmente, unisce Totti a Zeman è quello che nessuno sa, dice o scrive. È qualcosa che chi non ci sta dentro non potrà mai capire.
Basterebbe ascoltare Zeman quando parla in privato di Francesco: «Mi regala tante di quelle gioie... Ha 36 anni ma sembrano 26. E con tutte quelle viti nella gamba poi...». Per questo è quasi impossibile raccontare il dispiacere di Totti per come si è conclusa lavventura di Zeman con la Roma. Lui ha cercato fino allultimo di salvarlo - la scarica di rabbia dopo il gol del momentaneo pareggio contro il Cagliari la dice lunga sui suoi sentimenti - e ha cercato fino allultimo di spingere il resto della squadra a seguirlo. Emblematica lazione in cui lancia Dodò che non capisce il movimento da fare e si ferma. Totti, a palla lontana, glielo spiega, gli mima proprio col braccio cosa deve fare ma è inutile, visto il risultato finale. Una sconfitta, quella contro il Cagliari, che costa a Zeman laddio proprio come successo quindici anni fa con Carlos Bianchi, il tecnico peggiore che Francesco ha incontrato nella sua carriera. Lunico a non averne intuito la grandezza, al contrario di Zeman che lo ha sempre definito il più forte giocatore italiano. Lui lo ha ripagato con i gol, con gli assist, con le giocate ma, soprattutto, con una fedeltà impossibile da trovare altrove. Dentro e fuori Trigoria. Tanto che qualche giorno fa al Bernardini, chiaro e tondo, gli ha detto: «Io non te mollo»