04/02/2013 08:27
Quante domande Tutti i romanisti sono De Rossi: «perché ogni anno va così?» Che cosa avrà mai Roma di così diverso da rendere difficili anche le cose più semplici? Possibile che dalle dimissioni di Spalletti ogni progetto o presunto tale sia andato in fumo? Dall'addio del tecnico di Certaldo (celebre il suo sfogo dopo Roma-Juventus, sbattendo il pugno sul tavolo), non c'è stata pace. Colpa di tutti: delle società, degli allenatori, dei giocatori, della piazza. Vittime i tifosi, costretti a vedere un Cagliari qualsiasi venire all'Olimpico a fare il suo comodo. Quello affidato a Ranieri non era un progetto: fu un magnifico tentativo di tappare il buco lasciato da Spalletti, che per poco non portò uno scudetto, prima del naufragio che andò in scena l'anno dopo a Genova, con la Roma rimontata da 0-3 a 4-3 e qualche giocatore (Pizarro) risorto dopo l'arrivo di Vincenzo Montella.
Giocatori sovrani Con l'Aeroplanino le cose non andarono poi così male, si dice perché i giocatori avessero un rapporto «alla pari» con il proprio superiore. Non fu così con Luis Enrique (che Baldini definì un «magnifico errore»), ma quasi tutti De Rossi in primis si sarebbero gettati nel fuoco pur di difendere l'operato dell'asturiano. Ma come, la Roma non è finita fuori dall'Europa? Pazienza: c'erano metodi di allenamento alternativi, un allenatore dal carattere unico e il sabato sera si dormiva a casa. Il contrario di Zeman: gradoni, rancori, dichiarazioni alla soda caustica a colpire il fuoco amico. Il tutto shakerato con una gestione del momento difficile pieno di autogol in mondovisione. La squadra ha scelto la moneta meno pregiata per pagare il conto: prestazione da schiaffi con il Cagliari e tanti saluti al boemo. E se fossero i giocatori i veri mangiallenatori? Che Andreazzoli dia il meglio per non finire nel tritacarne. Ma in fondo, già conosce come funziona.