Andreazzoli «Siamo stati continui»

18/03/2013 09:40



Andreazzoli non si sente speciale. Si sente semplicemente Andreazzoli. «Cerco di essere me stesso. Quello che penso faccio, quello che faccio dico. Mi sono imposto di dirlo con chiarezza senza aspettare che il tempo ci passi sopra. No, non ho mai pensato "se mi avessero chiamato prima...", mi è sembrato strano anche che mi avessero chiamato dopo!». Splendidamente naif. Poi spiega la mossa Lamela. Esterno di centrocampo, perché? «L’abbiamo sfruttata anche poco questa possibilità. Erik è un ragazzo che se gioca verso la porta è strabiliante, riesce a sopportare la fatica. Quest’estate, dopo tanti anni di test fatti da Zeman sui suoi calciatori, lui è quello che ha battuto il record sui 1000 metri. La sua forza, che non ha problemi a esprimere, ci consente di avere una qualità eccellente. Poteva essere un 3-5-2 o meno, ma credo fosse una formazione molto offensiva. A parte Francesco, i compiti assegnati ai ragazzi erano da giocatori offensivi compresi Perrotta, e anche Marquinho, che è vero che io lo faccio giocare lì (esterno, ndr), ma è anche vero che lui è offensivo, al limite una mezzala offensiva, ma anche con Zeman aveva giocato come attaccante a sinistra». Aurelio promuove Tachtsidis. «Ho voluto mettere la maggior qualità possibile in campo. Tachtsidis è bravo a verticalizzare, vede il passaggio importante e l’ho voluto gratificare, perché da quando sono qua è stato sacrificato. A Bergamo è stato bravissimo. Nonostante questo (e cioè sebbene abbia giocato poco, ndr), ha partecipato agli allenamenti in maniera eccellente. È educato, bravo, disponibile. Sono contento della sua prestazione, poi è sceso di tono perché era da tempo che non giocava, ma ora che l’ha fatto, l’ha fatto alla grande».



LO "SCEICCO" Prima della partita, Baldini affronta la questione calda di questi giorni. Quella dell’arabo perugino, dello "sceicco" Adnan al Qaddumi. Gli viene fatto notare come avesse definito i (presunti) 50 milioni dell’arabo "naturalizzato" perugino «ossigeno» per la società. «Ma avevo anche detto - chiarisce - che se non fosse stato così non avrebbe cambiato niente rispetto alle strategie del club. Era un investitore che avrebbe portato ossigeno, ma era più che altro un modo di dire. Come ha sempre detto la compagine americana, avrebbe cercato investitori per rinforzare il club, era così fin dall’origine, che potesse essere lui o un altro. Hanno verificato e non è andata come si sperava che andasse. Quando queste storie non hanno un lieto fine, serve sempre un responsabile e come sempre sono qui, nessun problema». Baldini si concede però una battuta, a questo proposito. «Ho capito di avere fatto una discreta carriera dai giornali: da calciatore, modesto, ad agente a direttore sportivo, a e ora anche a revisore dei conti di una società quotata in Borsa...». Il chiarisce poi un aspetto fondamentale di tutta questa vicenda: non fu lui a cercare al Qaddumi, ma il contrario. «Non è che l’ho segnalato io, è lui che mi ha contattato all’origine di questi 14-15 mesi (quando inizia la trattativa, ndr), perché voleva rilevare il club e gli fu detto che gli americani non volevano vendere. Poi un salto temporale a 4-5 mesi fa, quando lui si dichiarò interessato ad entrare in partnership con gli americani e allora gli hanno detto "parliamone" e poi sono stati fatti tutti i passi». A farli sono stati Pallotta, in collaborazione con i suoi consiglieri, chiamiamoli così, Pannes e Barror. Sono state dettate delle date, delle scadenze, che al Qaddumi non ha rispettato. Fine della storia, ma non certo fine della Roma