Dall’ippica al caso Falcao. Un divo pure nello sport

07/05/2013 10:15

Da Testaccio a Onesti  Andreotti e la Roma, Andreotti e il calcio, Andreotti e le Olimpiadi, Andreotti e l’ippica. Nella sua biografia sono capitoli pieni zeppi di battute e di ironia, ma pure di passaggi e interventi cruciali nella storia del Coni e dello sport italiano. In un percorso cominciato da bambino, a otto anni, fra i calciatori della sua Roma appena nata, con cui il ragazzino di allora giocava per strada. Vissuto poi sulle gradinate di Testaccio, «in quella specie di curva». Quando finisce la guerra, Andreotti fa già politica e ha un ruolo chiave: è lui a incoronare Giulio Onesti alla testa del Coni. Stipulando un patto d’acciaio, suggellato dal Totocalcio, che Onesti «conquista» con il suo via libera.

La stroncatura di Pasolini Il Coni sa mettere insieme nei decenni due parole che dovrebbero fare a pugni: è autonomo e governativo, fino e oltre il trionfo dell’Olimpiade di Roma ’60, dove Andreotti è il presidente del comitato organizzatore dell’edizione che con orgoglio definiva «senza sprechi». Le sue parole nella cerimonia d’apertura piacquero a molti, ma non a Pierpaolo Pasolini, che scrisse su Vie Nuove: «Credo sia difficile immaginare un discorso più retorico e più provinciale del suo».

Sport «riconoscente» E pensare che a parte qualche partitella, Andreotti era uno sportivo piuttosto pigro. «Quando c’era educazione fisica a scuola, mi allontanavo», raccontò al Coni qualche anno fa. In un palazzo frequentato parecchie volte e in cui ieri pomeriggio il presidente Giovanni Malagò l’ha ricordato così: «Il mondo dello sport deve essergli riconoscente».

«Tiferà dal cielo» Su tutti i campi e al Giro d’Italia sarà osservato da oggi a domenica un minuto di raccoglimento. E all’Olimpico sarà un minuto speciale se , che invitò Andreotti alla sua cena di nozze, dice che «continuerà a tifare dal cielo». E se la Roma ricorda sul suo sito internet quella maglia numero 9 consegnata nel 2003 al s enatore a vita. Ma il suo ruolo istituzionale e la sua fede calcistica erano illustrate spesso da battute fulminanti. Nei giorni delle sentenze di calciopoli, commentò la in B come «la rivoluzione francese per un romanista». Di certo, fra la e la Lazio, avrebbe buttato giù dalla torre i bianconeri. Qualche anno prima, la sera di Byron Moreno c he c i sbatte fuori dal Mondiale 2002, si era a u g u r a t o «una finale SenegalCorea contro il calcio dei ricchi». Darsi all’ippica Poi c’è l’ippica, l’altra grande passione sportiva. «Sì, scommetto, poco ma scommetto. Altrimenti non ci sarebbe gusto». Andreotti rivendicava pure il diritto di politici e ministri di possedere cavalli: «In Inghilterra la Regina non ne fa mistero e nessuno ha niente da dire. Qui sarebbe impossibile: se vincessero si direbbe che “hanno vinto perché sono del ministro”, se perdessero si concluderebbe che “non siete neanche buoni a darvi all’ippica” ».