07/05/2013 11:27
Aurelio Andreazzoli ha conosciuto molto tardi il piacere di una panchina di serie A, a 60 anni. Ma è tuttaltro che un neofita del calcio. Ha studiato, osservato, lavorato con tanti colleghi dando il suo contributo prezioso. Ha accumulato tanta esperienza e adesso vorrebbe condividerla, prima di tutto con i suoi giocatori e poi con il resto del mondo. Una parte importante del suo lavoro è il dialogo, in totale controtendenza con i lunghi silenzi di Zeman. Un dialogo che, per ottenere risultati, deve nascere in primo luogo con i giocatori.
Tipo Osvaldo, che è tornato a segnare, essere decisivo e persino a sorridere: «Il mio rapporto con lui? Diciamo che sarebbe opportuno evitare unammonizione ogni volta che si segna. Dopo la gara di Firenze non ho parlato con lui, ma mi ha abbracciato fortemente. Non cè stato bisogno di dire niente di particolare. Osvaldo è felicissimo e io lo sono quanto lui, per lui e per la squadra. Mi auguro che adesso ci sia continuità. Quanto ho inciso sul suo recupero? Sinceramente, moltissimo ». E cè un altro giocatore della Romail portiere Bogdan Lobont, che stasera dovrebbe essere titolare anche se a Firenze si è rotto il setto nasale in uno scontro con Gonzalo Rodriguez che gli permette di toccare un altro argomento a lui caro: «Per me Lobont è un grandissimo. È un numero uno assoluto ed è un piacere averlo dentro lo spogliatoio e usufruire della sua presenza anche quando va in panchina o in tribuna. Sotto laspetto tecnico è fortissimo, ma è anche un grandissimo aiuto per trasmettere quello che io voglio alla squadra. Noi allenatori non possiamo parlare alla squadra durante la gara e questo è un problema. È impossibile comunicare negli stadi e, anche se questo è un mondo che contempla la comunicazione a 360 gradi, nel momento agonistico non cè questa possibilità. In questo, siamo alletà della pietra. Gli altri sport fanno i time out, perché non lo fa anche il calcio?». Il sasso è gettato. Qualcuno, tra i colleghi, vuole raccoglierlo?