22/05/2013 21:55
L'intesa tra i due risale alla preistoria dei tempi, quando Silvio Berlusconi era semplicemente Sua Emittenza, impegnato a rompere il monopolio della Tv di Stato, e Galliani un giovane imprenditore appassionato di calcio, il solo in grado di soddisfare i progetti espansionistici del Dottore attraverso l'Elettronica Industriale, la sua dinamica e avveniristica azienda. Quindi, quella tra Sua Emittenza e il suo futuro alter ego rossonero, è una storia di calcio, ma non soltanto. Quando Berlusconi, era il febbraio dell'86, ha preso possesso del Milan, un nobile club con le pezze sullo stemma, Galliani venne subito inserito nella stanza dei bottoni: essendo stato dirigente del Monza, tra tutti gli uomini del presidente era infatti il solo in possesso di trascorsi calcistici di una certa attendibilità. In questo quarto di secolo (abbondante) la fedeltà di Galliani nei confronti di Berlusconi è stata granitica, esattamente come la sua dedizione alla causa milanista e questa sorta di simbiosi tra proprietario e manager con poteri assoluti è uno dei segreti della grandeur rossonera. Uno scenario del genere, stabile e caratterizzato da certezze assolute, ha tenuto fino a poco fa. Ora invece qualcosa è cambiato, e non tanto (o non soltanto) per l'ingresso in società di Barbara, la figlia primogenita che il patron rossonero ha avuto da Veronica Lario, quanto perché gli effetti della crisi si sono riversati anche sul club più titolato al mondo che, al di là di certe cessioni eccellenti per fare cassa (Kakà, Ibra, Thiago Silva), ha incominciato a imbarcare giocatori che negli anni del berlusconismo duro e puro sarebbero stati accompagnati fuori dai cancelli di Milanello in maniera cortese ma decisa.
Il Milan, in sostanza, non è più il Milan. O meglio: non è più il Milan di una volta Sono cambiati gli equilibri di forza al suo interno e, soprattutto, si è modificato il rapporto tra Galliani e il presidente. Anche in passato era accaduto che l'ad si fosse mosso nonostante il parere contrario di Berlusconi. Berlusconi non era convinto degli acquisti di Ibrahimovic e di Balotelli, eppure i due sono finiti in rossonero. Quando Pato stava per essere ceduto al Psg, il patron intervenne per sbugiardare Galliani e l'affare (un capolavoro tecnico-finanziario) andò in fumo. Nulla però era riuscito a scalfire la sintonia tra i due quanto quello che sta accadendo oggi attorno ai nomi di Clarence Seedorf, il totem nero che il presidente vuole mettere in panchina, e di Massimiliano Allegri, il tecnico che il presidente vuole togliere dalla panchina e che invece Galliani sta provando a puntellare in tutti i modi. Galliani sa che Seedorf, in forza della sua intesa difetta con Berlusconi, lo escluderebbe dalle decisioni importanti e quindi si muove di conseguenza. La consapevolezza del fatto che dl rapporto con il presidente non è più quello di prima potrebbe dunque indurlo a riflettere sul suo futuro: è questo l'elemento di novità. Nessuno però, pur sforzandosi, riesce ancora ad immaginare un Milan senza la forza propulsiva di quel giovane dirigente del Monza di trent'anni fa.