02/06/2013 14:38
NEL MIRINO Ce n'è per tutti ma si parte dai vertici: al presidente Pallotta, giocando con la rima del cognome, vengono attribuiti natali poco onorevoli; a Sabatini rammentato il proprio passato da ds laziale attraverso un folkloristico «torna a pascolare» mentre Baldini viene accusato di poca verve nelle uscite pubbliche: «Franco la messa è finita». Bersagliati dai cori anche il consigliere Baldissoni, artefice dell'arrivo della cordata americana, la responsabile della comunicazione Augelli e l'ad Fenucci, anch'egli per molti "colpevole" in quanto di fede laziale. Urla accompagnate da una serie di striscioni eloquenti: «Riprendiamoci la Roma», »Fuori i laziali dalla Roma», «Aridatece la Roma», «26-0513: sfregiati 86 anni di storia», con riferimento alla sconfitta di domenica scorsa subita nella finale di Coppa Italia contro la Lazio. I sostenitori si sono presentati anche con magliette stampate che invitavano i dirigenti ad andarsene.
TENSIONE CON LA IENA Durante la contestazione battibecco tra qualche tifoso e l'inviato delle Iene, Calabresi, a Trigoria per motivi personali (il figlio gioca nelle giovanili giallorosse) Situazione che ha rischiato di degenerare quando Calabresi ha provato a scendere dall'automobile per tentare il dialogo: ricondotto a forza nel veicolo a suon di «buffone» ed epiteti più volgari, è stato costretto ad allontanarsi. Prima del rompete le righe, con la pioggia - e a tratti anche grandine - che continuava a scendere in modo copioso, i contestatori hanno ricordato i fasti giallorossi intonando cori per Bruno Conti, Totti, Aldair e i presidenti Viola e Sensi, prima di salutare l'attuale dirigenza (e la contestazione) con un «se salutano adesso, non ve volemo più».
ROMANISTI DOC Interviene anche un ex di lusso, il tecnico del Monaco, Claudio Ranieri: «Ci deve essere un presidente più presente - ha spiegato all'emittente radiofonica Radio Deejay - serve un capopopolo. E invece dopo due anni si vede ancora un po' di confusione». Più amara invece la constatazione dell'attore Claudio Amendola, noto tifoso giallorosso, registrata poche ore prima del derby di coppa Italia di domenica scorsa e quindi scevra dalla delusione per la sconfitta: «Mi sento orfano della Roma, di quella vera, di quella nostra. Quella che mette la scritta 1927 sul nuovo logo a suggellare la retorica dei laziali che scrivono invece 1900 essendo una delle poche cose alle quali si possono aggrappare, non la riconosco più. Hanno una cosa per prenderti in giro e tu che fai? Glielo ricordi sullo stemma. Questo vuol dire non avere senso di appartenenza. Questa società, in onore del marketing, sacrifica tutto». L'attore si autodefinisce «disamorato. Noi della Roma non vogliamo essere uguali agli altri. Io sono romanista perché sento uno spirito di appartenenza diverso: quello che aveva Dino Viola, Franco Sensi, la figlia Rosella, Daniele Pradè (ora ds della Fiorentina, ndc). Questa Roma di lustrini a stelle e strisce non mi piace. Gli americani fanno sempre cosi: arrivano, si prendono la lampada liberty e ne mettono una al neon. Tanto - dicono - fa luce lo stesso. A me di vincere interessa poco, sono della Roma da 50 anni e non ho vinto quasi mai. Voglio però riconoscermi in una squadra, in una tifoseria e in una società che mi rappresenti. Su questo ci ho sempre tenuto molto e ora non ce l'ho più».