10/06/2013 10:21
I grandi brasiliani. I miti. Il Divino, e vabbé. Cerezo, certo. Aldair. Zago. E Cafu. Campioni dItalia (Toninho lo è nellideale tricolore di ogni romanista), immortali quindi. La gente romanista lha votato come miglior laterale destro di sempre. È nella Hall of Fame, è uno degli undici atleti che Roma chiamò. È il Pendolino, ragazzi. La Roma è americana, ma del Nord. Nonostante i risultati non la stiano aiutando, è innegabile che il club abbia acquisito visibilità, specie nella East Coast: la cordata di Pallotta, gli accordi con Disney e Nike, la tournée estiva, il ritiro invernale a Orlando. Adesso Kansas City. La Roma americana del Nord si sta intrufolando in un mercato ricco, ma ce ne potrebbe stare benissimo anche unaltra, di Roma. Lamericana del Sud. La società - e questo lo sanno in pochi - anni fa avviò un progetto tuttora valido: gli As Roma Campus Brasil. Un ottimo inizio, senza dubbio. Un primo passo cui potrebbero seguirne altri, se tra Cafu e la Roma, che si sono rivisti a Trigoria lo scorso ottobre, scoppiasse nuovamente lamore. Poi Marcos è tornato ancora. È successo due settimane fa, toccata e fuga, due giorni tra una passeggiata al Vaticano e una cena al Beber, una churrascaria della San Paolo romana. Lha confessato lì, assieme ai fedelissimi di una vita, a quel Vincenzo Aliotta regista nel 2000, per la Roma, di un film su Marcos e a quel Riccardo Dadi che lo segue ovunque. Lha ammesso tra picanha, caipirinhas e birra brasileira. Cosa? Questo.
Roma gli manca. La Roma, gli manca. Se nè andato troppo presto. Per la Roma potrebbe spendere la propria immagine di Capitano dellultimo Brasile campione del mondo. Laggiù è un idolo anche oggi, a 5 anni dalladdio al calcio, a 43 dalla nascita in una favela paulista, quella Jardim Irene divenuta quartier generale, una volta ricco e famoso, della Fondazione Cafu. Una onlus seria, non di cartapesta, come talvolta accade per eludere i controlli del fisco. Già. Vi sbagliate se pensate che la ragione della sua popolarità oltreoceano vada ricercata nei due Mondiali vinti, nella fascia sul campo o in quella da indossare, negli scudetti con la Roma e poi col Milan. O nel sombrero a Nedved. Nellimmaginario collettivo Cafu è un padre per migliaia di bambini. Un punto di riferimento. Unicona. Il Governo brasiliano lo voleva apposta Ministro per lo Sport - Marcos rifiutò per un conflitto di interessi con la sua Capi Penta International Football Player, società che punta a formare dei professionisti di Eupalla - poi lo ha nominato consulente per i Mondiali del 2014. Sogni. Li alimenta la Fondazione. «Ogni bambino ha diritto di sognare e tu puoi aiutare a far sì che questi sogni si realizzino», è lappello di Cafu ai piani alti di San Paolo. La Fondazione si occupa di tutto. Scuola, assistenza sanitaria, persino lingresso nel mondo del lavoro. Una famiglia per le famiglie.
Eppure, se Cafu è rimasto Cafu lo deve molto a se stesso. Alla sua capacità di donare, ma anche di restare unimmagine appetibile per gli sponsor. Recentemente ha firmato un contratto doro, a sei zeri per intenderci, con un partner cinese. È una potenza, e non solo in Brasile. Chi ci aveva visto giusto è Vincenzo Aliotta, ex docente di Marketing e Comunicazione alla European School of Economics. Questa è una storia che va raccontata. Incontrò per la prima volta Cafu nel 97. In un supermercato. «Tu sei unindustria», gli fece. «Unindustria?». Il Pendolino lo osservò perplesso. Unindustria. Un marchio. Iniziò a consigliarlo, divennero amici, profondamente amici, così tanto amici che parecchi anni dopo Cafu farà da padrino di battesimo a Gaia, la figlia di Aliotta. Anzi, Gaia Margareta. Perché una delle sorelle di Marcos si chiama così. Margareta. Le toccate e fuga romane di Marcos si spiegano così, con lei, con questa bambina per la quale Cafu stravede letteralmente. I brasiliani amano i rapporti forti, veri, puri.
Prendete Cafu e Zazza. Carlo era il massaggiatore della Roma del terzo tricolore, anche se ora (purtroppo) lavora per la Lazio. È un professionista, ma è soprattutto un affetto profondo di Marcos. Cera anche lui laltra sera al Beber sotto un cielo di maggio insolitamente freddo. «Zazza!». Cafu se lè abbracciato come sabbraccia un fratello. Marcos se nè andato a Milano un giorno così, destate agli albori, in tempo per la leggenda, per uno scudetto atteso diciottanni. Una volta, in quel celebre filmato del 2000, Nakata disse che Cafu «aveva due cuori». Perché correva veloce, più veloce del vento. Era un centrale di centrocampo, poi il suo primo allenatore alla Itaquaquecetuba lo provò esterno. Per necessità. Fu la sua fortuna. Il tecnico restò sbalordito e davanti ai baby compagni lo ribattezzò: «Da oggi tu sei Cafuringa». «Cafuringa? No, io sono Marcos de Moraes». «No, tu sei Cafuringa». Non lala per antonomasia, perché vorrebbe dire bestemmiare Garrincha, ma qualcosa di molto simile. Il bambino Marcos non sapeva chi fosse, si piazzò davanti a un videoregistratore e rimase di sasso. Era nato Cafu. Era partito il Pendolino che avrebbe acceso Roma, che nella Roma è adesso scolpito per sempre e che a Roma, ora, potrebbe anche tornare. Perché questa notte ammantata di stelle dove Roma bella gli appare, questa notte è come San Paolo. È casa sua