03/07/2013 09:31
A Trigoria hanno scelto la linea del silenzio, ma nel silenzio (e nel buio) sono i fantasmi e le voci di dentro, ma soprattutto quelle di fuori, a prosperare come rospi in calore. Vediamo perché disperare oggi è più facile che sperare (pronti a rovesciare in un amen il lamento in un grandioso panegirico il giorno in cui Walter Sabatini, ci conto, ci credo, scodellerà in piazza quattro nomi daccapponare la pelle). Aspettavamo un messia, si chiamava Paulinho, che però se ne va a Londra a pestare la moquette strafica di Baldini, mentre noi ci lasciamo umiliare da quel simpatico satrapo di Cellino, inseguendo allo spasimo per la stessa cifra un bravo e mordace indonesiano che non vale una tibia di Paulinho. Cercavamo il portiere e, per ora, possiamo inventariare un portiere da spogliatoio, Lobont, e un portiere di ritorno, Curci (su cui, però, nutro fondati sospetti di una crescita importante). Rafael labbiamo perso, dopo averlo in pugno. Julio Cesar ci porterebbe almeno sette, otto punti in più, ma lo stiamo perdendo, sembra, per troppa titubanza. Vogliamo parlare del conclamato e sciaguratissimo scambio Borriello-Gilardino? Ex grande buttadentro darea, questultimo, ma già da tempo spompatissima ombra di se stesso, come il recente Brasile ha testimoniato.
Non basta? Mentre accogliamo con tenue entusiasmo il ritorno di Jose Angel, aspettiamo ancora un nome credibile da spendere a destra o a sinistra (ma io giuro su Dodò). Prendi Osvaldo. Anche qui, catenaccio totale. Sperando che, dietro il riserbo, ci sia strategia e non confusione [...]. Il capitolo più allarmante ha il nome di De Rossi. Qui a Roma abbiamo la sua controfigura. Che facciamo? Cediamo quella a qualche fesso e ci teniamo il Daniele brasiliano? Non si può. Non si sa. Ermetico anche Pallotta sul tema. Anche qui, silenzio che la sa lunga o silenzio che fa paura? Tifosi preoccupati? E il minimo. La nostra idea? Garcia si porta De Rossi in convento, Trigoria, e lo fa suo in quattordici minuti netti, buttando al cesso la controfigura.
Appello finale. Oltre la legittima angoscia di questi giorni. La Roma e la romanità non vanno cercate negli anfratti di Trigoria o di Boston, vanno trovate sempre dentro di noi. Da qualche tempo la classe media del tifo romanista è traslocata dalla foresta buia e meravigliosa del tifo uguale fede alle foresterie pedanti del tifo che spulcia, cavilla, giudica. Un branco di cavillatori esperti di tattica, di economia, di marketing, di calcio mercato, di tutto. I tifosi inglesi sono i più sentimentali al mondo. Sono i migliori. Da Liverpool alle due sponde di Manchester, dal Chelsea allArsenal, il Cardiff e lAston Villa, il Fulham e il Sunderland, tanti altri, sono stati invasi da americani, russi, arabi, svizzeri, malesi, ma non si sono mai dimessi da tifosi. La fede è fede [...].