Florenzi amarcord al Picchi fra Bardi e Piccini

21/08/2013 10:50

IL ROMANISTA (V. META) - Metti il miglior del Viareggio 2011 passato all’Inter dopo l’esordio in A a 18 anni, più il terzino baciato dalla sorte che all’Olimpico s’inventa (forse sbagliandolo) il tiro/cross che porta via la Coppa Italia Primavera ai giallorossi. In mezzo il capitano di quella Roma che in semifinale espugnava il Facchetti con due punizioni di Federico Viviani, uno che domenica al Picchi sarà un po’ il grande assente. Gliel’avessero detto nello scorcio di stagione in cui guidavano le Primavere più forti d’Italia, Francesco Bardi, Cristiano Piccini e Alessandro , avrebbero firmato all’istante per ricomporre il triangolo due anni e mezzo dopo in uno stadio di Serie A, soprattutto il romanista, unico che ai tempi di quelle sfide di Coppa non avesse ancora assaggiato la prima squadra. Sarà per questo che poi li ha raggiunti e superati arrivando fino alla Nazionale maggiore nel giro di pochi mesi e quando domenica si presenterà al Picchi per chiedere strada al Livorno nella prima partita del suo secondo campionato in Serie A, magari qualche ricordo tornerà su. Ecco la storia.

A gennaio 2011 il livornese doc Francesco Bardi passa a difendere i pali della Primavera dell’Inter, dopo aver esordito diciottenne in A con la maglia amaranto. Oltre a esplosività e talento, mette in valigia pure la stima di Alex Del Piero, guadagnata durante una tournée estiva negli Stati Uniti con la , che però non dà ascolto al suo capitano e decide di lasciare il giovane a Livorno. Il 20 gennaio al Facchetti si presenta la Roma di Alberto per l’andata delle semifinali di Coppa Italia. Si gela, e i nerazzurri di Pea si aspettano una squadra che cerchi di limitare i danni difendendo lo 0-0. Invece nel primo tempo non vedono palla, travolti da una lezione di calcio di e compagni che si traduce in un 2- 0 firmato da due punizioni di Viviani (la seconda con la complicità dell’attaccante interista Dell’Agnello, altro livornese della partita). Bardi para tutto il resto, finirà 2-1 e lo 0-0 del ritorno regalerà la finale ai futuri campioni d’Italia.

Avversaria la di Buso. Sugli spalti dell’Olimpico ci sono quasi 25mila persone, il 31 marzo 2011. Si aspettavano le prodezze di Caprari, si ritrovano a guardare il fiorentino doc Cristiano Piccini, diciottenne già gettato da Mihajlovic in pasto a Ibrahimovic, calciare da posizione molto defilata sulla destra, quella da cui di solito si fanno partire i cross, invece ne viene fuori una traiettoria beffarda che scavalca Pigliacelli e s’insacca sotto la traversa. Se chiedete oggi a Piccini come abbia fatto a fare quel gol, state certi che vi dirà che ancora non l’ha capito. Finisce 3-1, la Roma sembra uscire da quella serata con il morale a pezzi (oltre che con le gambe divorate dai crampi), guarda la Coppa salire sul pullman viola e giura vendetta. Meno di due mesi dopo tornerà all’Olimpico per dare il cambio a contro la Sampdoria e assaggiare finalmente la Serie A. Domenica i tre dovrebbero ritrovarsi tutti titolari, a meno che Davide Nicola non decida di lasciare Piccini in panchina. Ieri al tecnico sono arrivati dall’Inter i due rinforzi richiesti, i centrocampisti Mbaye (’94) e Duncan (’93), che a Livorno aveva già fatto benissimo da gennaio in poi. «Incontreremo una squadra che qualitativamente dirà la sua - ha detto il tecnico -, però devo far passare l’idea che possiamo giocarcela con tutti».