04/08/2013 11:29
IL ROMANISTA - Non è giusto dire che la storia della Lazio è una storia di scandali e partite truccate. Ce nè una, ad esempio, che sicuramente i giocatori biancocelesti non si sono venduti. Si giocò il 7 novembre 1973, in Coppa Uefa, contro lIpswich Town. Un gol annullato a Garlaschelli fece infuriare giocatori e pubblico, seguì lancio di oggetti in campo e inevitabile squalifica da parte della Uefa. E così la Lazio divenne lunica squadra italiana ad aver vinto lo scudetto senza aver potuto partecipare alla Coppa dei Campioni. Daltronde, come si diceva in Sud, certe emozioni cè chi le vive e cè chi le sogna.
Ai brutti sogni devono aver fatto labitudine in casa biancoceleste, nonostante Mauri dopo linterrogatorio si dicesse «tranquillo». E nonostante tempo fa il presidente Lotito parlasse di «tintinnio di manette». Le manette peraltro lo stesso Lotito le aveva già sentite tintinnare il 14 novembre 1992. Una vicenda di appalti miliardari lo portò dietro le sbarre, come peraltro capitò anche al suo predecessore, Sergio Cragnotti, rinchiuso nel carcere di Opera. Cragnotti patteggiò poi la pena, qualche anno dopo le manette tintinnarono nuovamente per il crac Cirio.
Cè chi truffa gli azionisti Parmalat e chi, forse, quelli della Lazio, magari con un bel patto parasociale con il genero Roberto Mezzaroma per evitare lOpa. Se i presidenti sbagliano, i giocatori non danno certo il buon esempio. Grazie agli eroi della Nord, la Lazio è stata coinvolta praticamente in tutti gli scandali del calcio italiano.
La prima volta, nel 1980, le manette tintinnano sulla porta degli spogliatoi dello stadio Adriatico. I carabinieri aspettano che Pescara-Lazio finisca, poi arrestano Cacciatori, Giordano, Manfredonia e Wilson per essersi venduti la sconfitta della loro squadra contro il Milan (ed averci pure scommesso sopra). Lunghe squalifiche, condonate per la vittoria del Mondiale nel 1982, con Bruno Conti sul tetto del mondo e la Lazio in B. Assoluzione in sede penale, ma solo perché il reato di frode sportiva fu introdotto nel 1989. Quindi niente processo, nel 1986, per Claudio Vinazzani, un altro che si è venduto la Lazio, condannata pure a 9 punti di penalizzazione da scontare nella loro sede naturale: sempre quella, il campionato di serie B.
Lultimo grande scandalo del calcio italiano è stata Calciopoli e, guarda un po, ancora una volta era coinvolta la Lazio, salvata dalla retrocessione a causa di una sentenza di primo grado scritta male. Ma le telefonate cerano e costarono comunque una penalizzazione. E continuarono, provando ad «ammorbidire» il Lecce. O rispondendo a Cesare Previti, che si lamentava del fatto che il figlio fosse tenuto in panchina dallallora tecnico degli Allievi Franco Nanni. «Ma me lhanno imposto in nome della lazialità, sai, tutte ste cazzate» rispose il presidente, che della lazialità se ne frega da sempre. Come quando sorrideva felice al gol di Totti al derby nel 1999, lo trovate facilmente su youtube. «Ci abbracciavamo ai gol della Roma» ha ricordato Francesco Storace, colui che favorì la sua ascesa al club biancoceleste quando era governatore della regione che dà il nome alla squadra.
Unascesa non semplice, cera da far fronte a più di 100 milioni di debito con lerario. Caricare i debiti sugli altri, in effetti, è un marchio di fabbrica. Ci provò anche il generale Vaccaro nel 1927, ponendola come condizione per entrare nellAs Roma. Italo Foschi disse no, per fortuna. Stefano Mauri è lultimo capitolo di questa storia. Capitolo che peraltro sera aperto con Beppe Signori. Anzi, forse è solo linizio dellultimo capitolo. Ma è necessario arrivare fino allultima pagina per smettere di parlare di "ente morale"?