Giannini: «Io e il Libano: la missione è sognare»

15/08/2013 10:58

Pendolare Facile pensare ai campionati europei, dove i club la fanno da padrone. Giannini, dopo le esperienze poco felici a Verona e Grosseto, si è rimesso in gioco in un paese dove il calcio serve—servirebbe — soprattutto a dare un futuro a chi, il futuro, spesso se lo vede portare via da chili di tritolo che riversano sangue in ogni angolo del paese: «La federazione non mi ha chiesto di vincere, ma di gettare le basi per qualcosa di importante. O, quantomeno, di duraturo». E lui, l’ex Principe della Roma, ci sta provando: contratto biennale, va a Beirut almeno una volta al mese. Paura? «No, mai. Lavoro in condizioni di massima sicurezza. Per me l’importante è parlare di calcio, far vivere a questi ragazzi, che del professionismo sanno poco o niente, l’esperienza da giocatori veri». Si parla di tattica, di allenamenti, di palestra: «Fare due sedute al giorno per loro è massacrante. Ovviamente mi sono dovuto adattare: col Ramadan, con la lingua che non parlo (c’è un interprete arabo, ma lui sta studiando inglese, ndr) e con tutto il resto. Ma quando li vedo soddisfatti, felici e vedo l’orgoglio nei loro occhi beh, sono orgoglioso anche io». Retorica? No. Ora per Giannini conta questo. In questi giorni è con il Libano in Italia: ieri amichevole — persa 21 — al Park Hotel Mancini col Latina, poi di corsa allo stadio a vedere la Nazionale. Da oggi fino al 20 sarà a Firenze, il 21 alle 18, 24 ore dopo il suo 49° compleanno, il ritorno a Trigoria: «Mi emozionerò, mostrerò ai ragazzi i posti più importanti della mia vita».

Curioso Non incontrerà e compagni, impegnati nell’Open Day, ma Giannini si dice comunque «curioso di vederli all’opera. Soprattutto voglio capire dove giocherà e mi aspetto un grande Gervinho, può essere quello che cambia gli equilibri». Il suo, di equilibrio, è stato ormai trovato tra Roma e Beirut. Qui è l’ex romanista. In Libano, spesso in tuta a volte in completo elegante, è l’uomo che vuole provare a regalare un sogno ai suoi ragazzi: diventare calciatori. È la sua missione, la cosa che lo ha convinto ad accettare. Ancor più del ricco contratto che la federazione libanese gli ha garantito: «Quando mi hanno chiamato ho detto: proviamo. Mi piacciono le sfide. E questa voglio vincerla». A vederlo mentre si sbraccia per farsi capire dai suoi calciatori sembra che ce la stia mettendo tutta.