24/10/2013 10:19
Cè arte in entrambi i casi, nelleresia del singolo e nella allucinazione di gruppo. Scultura michelangiolesca e surrealismo alla Salvador Dalì, con la «liberazione dellindividuo dalle convenzioni sociali» (sic). Sono le opere che più ci infiammano. Sono gli eccessi di un calcio che ci piace così, al di là di tutte le protesi possibili: lavagne, giudici di porta, supporti tecnologici. Non stiamo parlando di un episodio capitato alla periferia della periferia. Il buon soldato Kiessling è un devoto suddito della Bundesliga e di quel modello tedesco che, in tempi di pace, ha ormai scalzato lesempio del Barcellona. Cera una volta il calcio metafora della vita. Oggi, esiste la vita, politica e non, mimesi del calcio. I fatti che ho citato racchiudono la volontà di andare oltre in ogni modo, un po per follia e un po per miopia.
Ibrahimovic ha paura di sembrare banale. Molti non hanno il coraggio di esserlo: e, quindi, zero aiutini al povero Brych, «risarcito» con Milan-Barcellona. La Fifa di Joseph Blatter sostiene linfallibilità della scienza; lUefa di Michel Platini tifa per la fallibilità delluomo e raddoppia le scorte di sceriffi. Sono lotte di potere troppo sottili, e filosofiche, per turbare gli sbadigli del popolo. Il capolavoro di Zlatan esalta e sazia «persino» coloro che lhanno subìto. La topica germanica, viceversa, coinvolge e fa arrabbiare soltanto la parte lesa. Immancabili le scuse, più accurate che accorate, e le critiche al fair play stuprato.
Tutto giusto, tutto vero: ma chi di noi avrebbe il coraggio di confessare in pubblico che ha tradito il proprio «coniuge»? Naturalmente, se Kiessling avesse segnato così in una finale mondiale sarebbe intervenuta, come già per il testapetto Zidane-Materazzi, la moviola mascherata, cara al regime.Ma questa è unaltra storia. Il tacco di Ibrahimovic e il pacco di Kiessling sono lì a segnare comepassa il tempo. E, soprattutto, come vogliamo che passi.