Falcao fa 60: e in regalo aspetta lo scudetto...

16/10/2013 10:56

GASPORT (A. CATAPANO) - Qualche chilo di troppo, qualche ruga in più, qualche capello di meno. Il tempo è crudele e ride con perfidia persino di un... Divino. Quel movimento perpetuo che lo rendeva immarcabile, oggi è confinato sul campo da tennis, dove non avendo compagni da valorizzare, né squadre da allenare, ha scoperto il gusto di giocare per se stesso. Da direttore d’orchestra a solista, con molto calcio in cabina di commento (è un apprezzato opinionista tv) e molto meno in cabina di regia (onestamente, il suo curriculum da allenatore non è granché). Ecco, in sintesi, l’incedere lento dell’esistenza di Paulo Roberto Falcao, da oggi divino sessantenne. «Tutti questi anni non li sento – giura – continuo a vivere la vita giorno per giorno. Anche oggi...».

Nel cuore Sono ore di festa a casa Falcao: la famiglia, gli amici di sempre, mezza Porto Alegre è convocata per il compleanno di Paulo Roberto. Roma è distante, non dal suo cuore. «Prometto che cercherò di guardare la partita in tv. La Roma ha avuto un inizio entusiasmante, mi convince molto, soprattutto per come fa giocare e ». A Falcao era venuta la folle idea di prendere un aereo e venire a festeggiare qui con gli amici del ristorante Cecilia Metella, sull’Appia Antica, il suo rifugio romano. Si sarebbe sentito a casa, circondato da un amore che nemmeno i prossimi sessanta anni riusciranno ad affievolire. Quando si nomina Falcao, Roma si ferma e si illumina. Una volta, a proposito del Divino, un noto tifoso disse: «Per noi romanisti, ogni partita era come vedere la Madonna». Blasfemo, ma rese l’idea.

Nuovi fasti? A proposito, quanto tempo è passato? Quasi 29 anni dall’ultima apparizione in giallorosso: 16 dicembre 1984, stadio San Paolo, NapoliRoma 12. Al cospetto di un altro immortale del calcio, Maradona, Falcao giocò, segnò e salutò. Qualche tempo dopo, portò il suo sorriso e il suo ginocchio malandato negli Stati Uniti (dove fu operato), poi in Brasile (giocò una stagione al San Paolo). Qui, lasciò milioni di nostalgici (e un arrabbiatissimo Dino Viola). Quella grande Roma si andava esaurendo, questa, forse, sta nascendo. «La vittoria sull’Inter è stata prepotente. Siamo solo all’inizio e bisogna restare coi piedi per terra. Ma se batte pure il comincio a crederci anch’io... ». Divino!