Garcia: «Lo scudetto? Per ora la Roma è da Champions»

11/10/2013 10:35

Sesto o quarto?

«È vero, sul quarto...».

Eppure la che è solo a 2 è molto criticata...

«Forse per il rendimento europeo. Vincere è sempre difficile, rivincere ancora di più. è un combattente, ci ho parlato dieci minuti e mi sono bastati per capire che è un grande tecnico, ma anche una persona interessante».

La parola scudetto è tabù?

«Adesso non è nella nostra testa, pensiamo a vincere gara dopo gara. Di certo, non giocare le coppe per noi oggi è un vantaggio».

, in fase difensiva, scala spesso a fare il terzo centrale. È uno dei segreti della compattezza della sua Roma?

«È una sua qualità, lo fa benissimo. In alcuni momenti possiamo restare stretti nelle linee, in altri andare a fare pressing alto, come nel primo gol di Milano. Con Daniele abbiamo stabilito una data, oltre la quale non sarebbe partito. Poi, prima di Livorno, è arrivata l’offerta dello United, ma lui ha detto no. È uomo di parola».

Ha già studiato delle contromosse per quando scenderà di rendimento?

«Una squadra che ha un solo modo di giocare è limitata. Ora giochiamo così, con Francesco centrale. Ha bisogno di toccare tanto la palla: quando ce l’ha lui, può illuminare il gioco».

Gervinho- duello infinito?

«No, Adem può giocare anche al posto di o . Ha avuto problemi alla schiena, ma ha un talento immenso e può crescere. Ora Gervinho è più maturo, aiuta la squadra. E la testa fa la differenza, ha fiducia in se stesso».

Cosa pensa della discriminazione territoriale?

«Il razzismo va combattuto in ogni modo. Lo sport è la più importante scuola di vita: qui non conta il colore della pelle o la religione, ma il talento. Poi ci sono delle regole, in Inghilterra con i video hanno risolto: si prende il colpevole e lo si punisce, senza penalizzare tutti. Il campanilismo esiste pure in Francia, ma il vero problema oggi è che la famiglia è un po’ distrutta come aggregazione. Bisogna lavorare sui bambini, che poi sono i tifosi del domani».

Con 7 vittorie su 7, si sente più bravo di prima?

«No, penso solo a lavorare. L’ho fatto sul modo di giocare e sulla testa dei giocatori. Non si può amare una squadra e insultarne i calciatori. Il Consiglio dei Saggi? Alla fine decido io, ma con sei teste spesso si ragiona meglio che con una».

il 18: è felice?

«Sì, era la mia prima scelta. E mi sono piaciute le parole di Prandelli: “So che c’è una partita, farò le cose con buon senso”. I miei giocatori devono dare il 100% e poi tornare qui presto».

Per chiudere, è vero che voleva fare il giornalista?

«È vero: mestiere fantastico, uno dei più belli al mondo».