Liedholm e Capello? La Roma di Garcia cuore dei romanisti

29/10/2013 08:56

La Roma di Liedholm, Falcao e Di Bartolomei era bella e regale. Tutta da contemplare. Era una squadra da raptus più estetico che viscerale. Incuteva quasi soggezione ai suoi tifosi per come si specchiava nella certezza di sé. Il giorno in cui c’era da menare, menava, ma erano volgari eccezioni. I suoi copioni erano scritti a monte. C’era poco da sudare. Come certe signore di sangue blu che non sprecano mai un gesto e non sbagliano una parola, con le quali non ti viene da fantasticare un amplesso selvaggio sulla prima branda che capita. La Roma di Fabio Capello era costruita per vincere. Talentuosa e pragmatica, come il suo allenatore. Messa su a botte di miliardi da un Franco Sensi stufo marcio di euforie laziali. Con il giovane e l’ultimo grande Batistuta.(...)

Quella di è la Roma che più somiglia al cuore dei romanisti. Un caso d’identificazione unico, ai confini del religioso. Squadra che recita a soggetto. Che fa di ogni partita un’impresa diversa, da inventare e da ricordare. Giocatori e seguaci, un insieme da mucchio selvaggio, sesso esplicito, nella stessa folle mongolfiera, in viaggio verso non si sa dove. I romanisti anche più scettici cominciano a pensare di aver trovato la squadra della loro vita. Una somma di personaggi, a cominciare dall’allenatore, che sembrano stampati sul conio del romanista perfetto. e , e , e Balzaretti, e , sono la vertigine che risucchia tutto il resto della banda. Incluso quel Liajic che sembrava, fino a domenica, il più estraneo al paesaggio. E visto a Udine, invece, sbattersi come un dannato.

A differenza della Roma dei Liedholm e dei Capello, questa di è una squadra che nasce dalle ceneri di progetti in fumo, abbandonata come un’orfanella sui gradini di una chiesa sconsacrata. Indossava abiti di lusso, ma non respirava. Non ci credeva più nessuno, a parte un signore di nome Walter, uno che si fuma anche i cuscini dove eventualmente dorme. Prende la creatura malconcia, le cambia i pannolini, la veste di abiti più consoni e l’affida a una lupa di nome Rudi, che la nutra con il suo latte sano e forte. Rudi se ne frega della storia recente. Incuriosito, getta il suo sguardo celeste e leale su quel piagnucolante fagotto. Gli piace. Dalle sue mammelle il latte sprizza che è un piacere. Il resto lo sapete, è tutta salute, è la storia folle di questi giorni, da musicare solo con un rap fatto di numeri e record. (...)

Gli Invincibili piacciono molto anche fuori le mura. E’ la Roma dei romanisti, ma anche la Roma più lontana dal cortile spesso angusto, provinciale e maldicente della à. Le sue imprese l’hanno trasferita ormai nelle dicerie del pianeta, quasi nella leggenda. Mai stata allo stesso tempo così locale e globale. Osservatori di tutto il mondo la studiano e la incensano. Storia contagiosa e tifosi improbabili. L’abbiamo sentito noi, Eros Ramazzotti, pochi giorni fa, in concerto ad Atlantic , urlare, lui, juventino sfegatato, “Forza Roma”, dopo essersi ritrovato tra le mani uno straccio giallorosso. E due giorni dopo a New York, da Zio Mario, noto covo partenopeo dalle parti di Times Square, davanti a un piatto esagerato di spaghetti alle vongole, romanisti e napoletani della Grande Mela stringere il grande patto: “Quest’anno, Roma o , lo scudetto è roba nostra”.