Crimine in gioco

13/11/2013 09:34

Scommesse e consenso Il fenomeno più diffuso accade dalla Lega Pro in giù: la mafia decide di gestire direttamente la squadra del paese per ribadire il proprio dominio assoluto sul territorio e aumentare il consenso. In Calabria la Dda ha coniato il termine «pizzo morbido» per indicare i soldi estorti in nome del pallone. Il clan Pesce a Rosarno aveva il diretto controllo della formazione locale, ma si era spinta fino a Sapri (in Campania) prima di essere fermata da un’inchiesta che ha decapitato il clan e messo sotto sequestro i due club.

Aiutati dalla legge Il problema è che la frode sportiva, la combine di partite, comporta una pena minima, con il patteggiamento si arriva a un massimo di tre mesi, spesso è difficile provare l’associazione per delinquere. Insomma combinare le partite e lucrare sulle scommesse ufficiali o clandestina, «costa molto meno» che il traffico di droga o il pizzo. Su questo a la Dda ha smantellato clan che operavano sia nell’area vesuviana che casertana e che gestivano anche attraverso prestanome centri regolari di scommesse. A Bari sono stati arrestati tifosi che lucravano sulle scommesse attraverso la pressioni che esercitavano anche sui calciatori della squadra pugliese. A Potenza si lavora sul riciclaggio di denaro da parte dei clan attraverso la società locale e attraverso le di match. Infine, ma non ultima, la Procura di Cremona che dietro il calcioscommesse ha evidenziato la presenza della malavita organizzata ungherese al servizio di un boss asiatico. Su questo si sta muovendo anche il Parlamento europeo (ne è relatore l’onorevole Iacolino) che ha chiesto l’inasprimento delle sanzioni per il reato di frode sportiva.