11/11/2013 09:22
Il tipico rumore della struttura che cede (in serie A basta poco per farsi riprendere) laveva già emanato Burdisso una decina di minuti prima: era una specie di acuto da tenore spompato. Largentino sbaglia un disimpegno scolastico, pressato da Zaza colpisce col pallone la testa di un avversario (scena triste) e involontariamente lancia a rete Floro Flores. De Sanctis evita il disastro e poi guarda inferocito il compagno come se volesse staccargli la testa. Passata la paura per la Roma? No. È solo lantipasto, solo la premessa al pareggio del Sassuolo che Di Francesco aveva già da una ventina di minuti ridisegnato con il 4-2-4 (buono soprattutto linserimento di Farias che confonde Maicon nelle rare occasioni in cui brasiliano non si confonde da solo).
Come il suo collega, a pochi secondi dalla fine, Bradley estremizza la confusione della Roma attuale perdendo palla a centrocampo, voleva innescare Ljajic, si sarebbe dovuto fermare e aspettare, solo aspettare. Quellerrore vuol dire due punti persi. Davanti a De Sanctis si accende una rissa alla Tom & Jerry. Con un centinaio di corpi stesi a terra davanti, Berardi mette il pallone sotto la traversa. La Roma ha scoperto un modo tutto suo di perdere le partite senza perdere. «Quattro attaccanti infortunati sono troppi, è normale accusare un disagio. Non sono preoccupato del pareggio, è stato un colpo di sfortuna, ma degli acciacchi. Siamo sempre primi. Però è brutto perdere due punti negli ultimi tre secondi».
La Roma era andata in vantaggio nel primo tempo con unazione simile a quelle con cui aveva ottenuto il gol contro lUdinese e contro il Torino. Duetto Pjanic-Florenzi, nellunica palla recuperata da Strootman in giornata storta, e goffo autogol di Longhi. Dopo linfortunio di Borriello (caviglia sinistra, non grave pare) Pjanic si è spostato a falso nueve: a fine primo tempo fa una giocata degna di Iniesta. Nella ripresa il Sassuolo si è un po aperto ma non è bastato.
Non è stato sufficiente un De Rossi a tratti marziano, né lintensità confusa ma ostinata di Ljajic, che ha toccato mille palloni ma si è anche mangiato due gol (e ha litigato con larbitro per un paio di cadute/simulazioni in area, una più simulazione, laltra più fallo forse): chi spreca paga. Ma bravo Pegolo. E non è tutto qui: la Roma non corre più come prima, è meno collettivo, più casual. Non ha più il colpo difensivo che diventa aggressione. È meno compatta. Tanto è vero che negli ultimi venti minuti, per la foga di raddoppiare, legittima, si è esposta al contropiede, allungata e fragile. Il suo possesso palla è più faticoso perché per far girare il pallone bisogna essere convinti e sani (qualità che in questo momento a Trigoria non abbondano più come un mese fa).
E anche meno fortunata. Ma soprattutto i suoi interpreti non sono più gli stessi: un conto è la Roma di Totti e Gervinho, inevitabilmente altro è la Roma di Caprari (appena entrato aveva già il fiato corto!) e Burdisso. Fattori determinanti, panchina non lunghissima: «Ma non è un problema fisico, visto che nel secondo tempo abbiamo corso più del primo. Dovevamo chiuderla», cerca di spiegare Garcia. Non guarda la classifica. E benedice la pausa