La ribellione di Prandelli: “No al calcio ossessione”

13/11/2013 09:55

Le minacce ai calciatori della Nocerina, con l’annessa farsa dei finti infortuni e della partita sospesa, forse hanno mosso lo stagno. «Abbiamo perso tutti. Col senno di poi avremmo dovuto gestirla meglio. Non si può arrivare un minuto prima della partita e decidere. È facile dire che non si doveva giocare. È dura, quando non puoi fare il tuo lavoro. Da allenatore, se avessi due figli che vanno a scuola, forse non lavorerei in quella à. Non è un mondo civile». Ma il ct non condivide l’equazione tra ultrà e delinquenti. «Delinquente è chi, come a Nocera, si è messo la maglia da ultrà senza esserlo. Gli ultrà sono quelli che vanno prima allo stadio, preparano le coreografie, fanno collette per chi ha bisogno. Una percentuale bassissima approfitta di certe situazioni per usare il potere e minacciare. A Firenze abbiamo fatto prevenzione e in cinque anni non è successo nulla ». Ma nulla, in senso opposto, è accaduto anche dove la prevenzione si è tentata, come appunto prima del derby campano di Lega Pro, con gli incontri nelle scuole organizzati dall’Aic. In 17 anni, come dimostra un’inchiesta del ‘96 di Repubblica sulla violenza nell’allora serie C, tutto è rimasto come quando il Grilli veniva invitato con la pistola a non parare o il centravanti Di Baia doveva trasferirsi perché la moglie veniva minacciata al supermercato o alcuni calciatori, al Sud, ricevevano da emissari del club il “consiglio” di rinunciare a parte dello stipendio. «La media delle denunce di minacce gravi, in Lega Pro, rimane ancora di 4-5 a stagione ». Il dato dell’Aic non tiene conto di chi per paura non sporge denuncia. E rafforza l’allarme di Prandelli.