Destro, un gol per risorgere e la Roma torna a correre

09/12/2013 11:38



L’ultima partita Mattia l’aveva giocata contro la Norvegia in U21: era l’11 giugno. Con la Roma s’era fermato al derby di finale di Coppa Italia: era il 26 maggio. S’era fatto male il 23 gennaio contro l’Inter in Coppa. Tre giorni dopo s’era operato al menisco: «Un mese e sei a posto», gli promettono. Torna in campo ma non è guarito, anzi peggiora. Controlli a
. Il suo ginocchio sinistro continua a gonfiarsi. Pare allagato dal liquido sinoviale. C’è di mezzo una cartilagine? I tempi si allungano e il mistero s’infittisce. I giorni passano, sono tetri, pieni di nuvole. Se sta male un calciatore il sole se lo deve immaginare. Finché non si accorge che Gervinho ha bisogno di lui. Dopo quattro pareggi e almeno una forte crisi d’identità collettiva, ieri non ha vinto soltanto la Roma. Ieri ha vinto anche Mattia , il “lupo” che non c’era.
aveva chiesto «undici lupi» per affrontare il “fuoco” della di Montella. S’era dimenticato il dodicesimo. E ha vinto pure che è tornato in panchina. Il tredicesimo lupo.




La Roma tiene il passo della e mette 10 punti fra sé e i viola. I giallorossi cominciano a testa bassa, aggrediscono. I viola faticano a ripartire, non riescono ad arginare le sovrapposizioni sugli esterni. Tomovic è sotto farmaci perché Gervinho è irrefrenabile. Al 7’ l’ivoriano ubriaca anche i raccattapalle e crossa corto in mezzo, sponda di , (cui aveva detto: «Oggi ne fai due!») si passa la palla dal sinistro al e brucia Neto. Roma in vantaggio. Potrebbero arrivarne altri due (
di testa all’11’ e Gervinho al 26’). Dopo venti minuti di morsi la Roma rallenta e s’abbassa.
forse non approva. Si punta al contropiede. La guadagna 15 metri. s’addormenta su un facile disimpegno aereo, l’azione viola riparte sull’altro fronte, , Dodò e si perdono Tomovic e Vargas pareggia (1-1). Discreta partita ma a tratti due grandi squadre. La lavora più sul possesso palla, la Roma è più cauta (non brillano e ). Poi una seconda, formidabile fiammata nel secondo tempo. In cinque minuti la Roma sbanca il tavolo. Palo di , azioni avvolgenti, a ripetizione, Neto ha cento mani, Gervinho è il capobranco dei lupi invocati da , sempre il primo a mostrare i denti. Entra (12’ st). Mentre trotterella e riprende coscienza di sé, cade vittima di una visione sulla via di Gervinho: taglia l’area con Pasqual attaccato alle scapole e arriva primo sull’imbucata del devastante compagno. Il suo gol scardina tante cose. La smette di crederci anche dopo l’espulsione (ingenua) di . La corsa liberatoria di Mattia verso la panchina è la scena madre di un film. Ma più che Tom Cruise o Dustin Hoffman sembra Jean Pierre Léaud che alla fine dei Quattrocento colpi di Truffaut corre a perdifiato per toccare il mare, che non aveva mai visto. Forse ieri è stata la prima volta del nuovo e quel gol è stato il suo mare. può essere un acquisto fondamentale per la Roma («ci siamo anche noi che non siamo costruiti per vincere lo scudetto», ha detto ), e per Prandelli. A torso nudo è andato ad abbracciare il suo mondo (la panchina è il classico mondo a parte), dalla pelle ha grattato via la sofferenza e le paure. E si è beccato la più dolce delle ammonizioni.