31/01/2014 08:52
CORSERA (A. PASINI) - Roberto Donadoni, il suo Parma vince da 4 partite e non perde da 10, è sesto, sogna l’Europa e gioca bene. Un momento magico.
«E la cosa che mi soddisfa di più è che, oltre i risultati, c’è un buon gioco».
E domenica incontrate la Roma all’Olimpico.
«Una grande squadra, con un tasso tecnico enorme. Ha visto la sua panchina a Verona? C’erano Totti, Pjanic e Florenzi. Detto tutto».
Penserete a limitare i danni?
«Quello mai, almeno in partenza. Abbiamo qualità e buona forma. Ci proveremo. Le ricordo che in serie A nessuno parte mai vittima predestinata».
Perché, secondo lei?
«La nostra grande preparazione calcistica permette spesso di colmare il gap tecnico, anche quando è notevole».
L’inizio stagione non è stato granché: 5 k.o. in 11 gare e più di un mugugno nell’aria. Com’è avvenuta la svolta?
«Intanto il lavoro, ovvio. Poi, la capacità di trasformare positivamente le sconfitte. A volte si è perso pur giocando bene: nell’1-3 all’andata con la Roma avevamo fatto una buona prestazione, giocando a viso aperto, senza mai subire».
Lei ama alternare modulo e difesa a tre o a quattro. Su quali basi?
«Nessuna partita è uguale a un’altra, come nessuno stato d’animo e nessun avversario. L’integralismo tattico non ha più senso. Modernità è duttilità»
Un testimonial della svolta è Amauri.
«Si è sempre allenato bene. Ora che si è sbloccato (4 gol nel 2014, ndr), penso che potrà solo continuare su questa via».
Pure Cassano è stato un bel problema, ma per altre ragioni.
«Se può giocare senza distrazioni, Antonio fa grandi cose. Le chiacchiere invece gli fanno perdere attenzione e diventa svogliato. Ora ha risolto i suoi problemi, è felice ed è tornato importante per noi. Caso chiuso».
Biabiany lascerà Parma?
«Non lo so. Ma non vedo l’ora che il mercato finisca».
Per voi questo mercato lunghissimo è un grosso problema, vero?
«Decisamente. Sa che guaio è allenare dei giocatori quando magari sono già in partenza? Fisicamente sono lì, ma con la mente sono altrove. Il lavoro ne risente».
La soluzione?
«Ridurre le finestre di mercato a periodi in cui non si gioca, soprattutto a gennaio. Non ci vuole molto. Basta volerlo».
Alla nazionale ripensa mai?
«Per carattere non amo rimuginare sul passato. Quello da c.t. è stato un grande periodo della mia vita».
Lei disse: «Due anni di lavoro buttati per un rigore», quello della Spagna che vi eliminò nei quarti di Euro 2008.
«Be’, è un fatto che io lasciai l’Italia al secondo posto nel ranking mondiale...».
E di questa Italia che pensa?
«Mi auguro che faccia un grande Mondiale. Sono il primo tifoso di Prandelli».
A proposito di passato: a Napoli è stato solo sette mesi. Rimpianti?
«Quella tappa mi ha aiutato a crescere. Il rammarico è non avere avuto tempo per costruire. Infatti si è visto poi cos’ha fatto di buono Mazzarri insieme ai grandi giocatori che sono arrivati». Platini la definì «il più grande giocatore italiano degli anni 90».
Ci dica lei chi è il più grande del Duemila.
«Ne cito due: Pirlo e Buffon». La serie A è un campionato in ripresa? «Sì, ma è una crescita complicata. E tante cose mi lasciano perplesso».
Per esempio?
«A volte vedo scarsa professionalità in campo e fuori, poca cultura sportiva, belle prediche ma pochi fatti. Siamo tutti coinvolti, me compreso, sia chiaro. Si parla per esempio di razzismo o di tifosi violenti. Ma che cosa facciamo davvero per cambiare le cose? Chi critica certe minoranze violente poi si domanda se le combatte sul serio o se preferisce venire a patti, subendole? Di fronte a certe ambiguità, lo confesso, ogni tanto perdo l’entusiasmo».
Al punto di voler smettere?
«Quello no, io non mi rassegno mai. Però mi viene una rabbia...».
Infatti molti suoi colleghi emigrano all’estero.
«E se non tornano ci sarà un motivo...».
Lei ci andrebbe?
«Senz’altro».
Dove?
«Facile dire Premier League, Liga e Bundesliga, ma proverei volentieri anche nuovi mercati come, per esempio, la Cina. Io ho chiuso la mia carriera di calciatore in Arabia Saudita e ho imparato molto. L’apertura al nuovo e al diverso fa solo crescere».
Il suo presidente Ghirardi spera che lei resti a Parma.
«E non vedo perché no. Il rapporto con lui e il dg Leonardi è ottimo, io sono felice. Non è solo questione di contratto (fino al 2015, ndr), ma di stima reciproca».
Ma Seedorf al Milan ha preso la panchina che lei sognava?
«Lui è stato un grande giocatore e la dirigenza rossonera è capacissima. Quanto a me, be’, se non sognassi una panchina così sarebbe meglio che cambiassi mestiere».
Che ne pensa della crisi dell’Inter?
«Una trasformazione dirigenziale così radicale non può essere indolore. Ma con quei giocatori è lecito aspettarsi qualcosa di più».
La Juventus è davvero la più forte?
«Sì. Per i suoi grandissimi giocatori ma soprattutto per la sua capacità di stare sempre sul pezzo. Come piace a me».
Il Parma può arrivare in Europa?
«Non voglio pensarci. E se dico che penso solo partita per partita non è per retorica, ma perché conosco questo mondo. Sa come si dice: vinci e sei un genio, perdi e sei un fallito. Dicono che sia il bello del calcio, per me è solo il brutto»