10/01/2014 09:30
La Juventus di Andrea Agnelli sta dimostrando con i fatti che il futuro è allinsegna delle ambizioni. E non è un mistero che gli investimenti degli ultimi anni rappresentino le fondamenta di un progetto di crescita. Anche per questo fa ancora più notizia che il club italiano più in vista, in piena corsa per il terzo scudetto consecutivo, si trovi nella condizione di dover cedere uno dei suoi giocatori più importanti. E di prospettiva. Certo, il club bianconero non vive questa situazione con atteggiamento remissivo, ma alla lunga è difficile credere che possa resistere alle tentazioni ed alle aspettative del giocatore, evidentemente distratto da proposte di super-ingaggio. I segnali sono chiari in tal senso, come lintenzione di Andrea Agnelli di cercare di cogliere il meglio per le prospettive della propria società. E se dovesse esservi in estate il grande sacrificio, cè da star certi che i bianconeri reinvestiranno leventuale maxi-incasso dalla cessione di Pogba. In attesa di leggere le prossime mosse, la cronaca di questi giorni non fa che confermare quel fenomeno che ormai da un po di anni sta impoverendo il nostro campionato.
Volta per volta è toccato al Milan rinunciare alle proprie stelle (Ibrahimovic e Thiago Silva gli ultimi), ma anche lInter ha seguito questonda con lo stesso Ibra nel 2009 e poi con Etoo e Sneijder. E che dire del Napoli, costretto a lasciar andar via sia Lavezzi che Cavani. Oppure le fibrillazioni della Roma che ha appena fatto delle ingenti plusvalenze con le partenze di Marquinhos, Lamela e Osvaldo. Il panorama è troppo esteso per giudicare in maniera superficiale questandamento. Ormai il mercato ha decretato un declassamento che guarda caso è in linea con il calo del nostro sistema-calcio nel ranking Uefa. In un calcio sempre più ricco le potenzialità dei club sono chiaramente legate al loro fatturato. E nessuno può sfuggire a questa logica implacabile, anche lemergente Juve che torna a far sognare i propri tifosi.
Del resto quando negli anni 90 spadroneggiavamo in Europa avevamo stabilmente quattro squadre ai nastri di partenza della Champions League, mentre ora il privilegio è concesso solo a due società, con una terza legata alla roulette dei preliminari. E senza quei proventi è dura lottare ad armi pari con le corazzate del continente. Per arginare questo drenaggio di risorse è allora indispensabile far ricorso agli introiti delle grandi vendite per tenere alto il livello delle proprie rose. E ciò impone un doloroso cambio di strategie.
In effetti gli ultimi esempi di Napoli e Roma sono virtuosi. E incoraggianti. E questa la sfida che ci attende a medio termine. In attesa che il nostro calcio compia (finalmente) quelle riforme strutturali necessarie per una crescita sinora frenata da troppi lacci e lacciuoli. Nel frattempo è indispensabile aguzzare lingegno e rassegnarsi allidea che limportexport è un male necessario.