04/01/2014 09:44
Come è riuscito a capovolgere una gara che sembrava finita dopo un tempo?
«So solo che, quando entrammo in campo allinizio della ripresa, ero rassegnato. Non si dovrebbe dire, ma non sapevo proprio come riprenderla. Mai avrei creduto di poter vincere quella partita. Non ci riusciva niente. E contro una squadra forte. E invece ci scatenammo con quattro reti. Bellissimo».
Quindi, consigli a Garcia?
«La Juve è prima e vola.Mala sfida di Torino è apertissima. La Roma può giocarsela alla pari e mettere in difficoltà i bianconeri».
Come?
«Con il contropiede. Larma migliore dei giallorossi. Quando ripartono, lo fanno alla grande. Sono bravi e sempre pericolosi».
Anche la Juve sa essere efficace: che cosa la rende migliore delle altre?
«Ha sempre il controllo della gara. Si prende liniziativa, con il possesso palla, e difficilmente rallenta. È una formazione che fisicamente fa la differenza in tutti i settori. Credo che però la Roma attuale sia competitiva proprio sotto questo punto di vista. Ecco perché il risultato non è scritto. Tatticamente sarà una sfida da non perdere».
Conte ha cinque punti di vantaggio: lo scontro diretto dello Juventus stadium può essere già decisivo per lo scudetto?
«No, il campionato non finisce a Torino. Anche se la Roma dovesse perdere, penso che avrebbe ancora la forza di recuperare: otto punti sarebbero tanti, ma resterebbero comunque molte partite. La Juve, con un distacco del genere, acquisterebbe solo più convinzione. Aspettiamo, però».
E torniamo indietro, al 6 maggio del 2001: che cosa ricorda?
«Io nemmeno dovevo esserci. Non dovevo neanche partire, per colpa di un infortunio muscolare accusato in Nazionale. Saltai il derby, ma feci di tutto per esserci contro la Juve. Lo staff medico era contrario, Capello pure, mancando ancora sei partite. Non voleva correre rischi. Io sì. Sono un tipo ostinato».
Ovviamente Montella salì sullaereo per Torino e segnò il gol del 2 a 2 al fotofinish, come al solito partendo dalla panchina. Nella sua bacheca, come cataloga quella rete?
«Non è la più bella, ma la più importante. Me la tengo strettisima. Rimane storica: con quel pari fu scudetto.Meritato, perché più forti. Entrai per Delvecchio dopo lintervallo. Segnai in acrobazia, la palla arrivò proprio dove volevo io. Sul mio sinistro. E finì dove volevamo tutti. Io e tantissimi tifosi. Andai a festeggiare con loro».
A Roma le vogliono bene solo per quel gol e per il poker nel derby, per cinque reti che pesano sulla sua carriera?
«No, cè di più. Se, quando torno allOlimpico, la gente è così affettuosa, abbraccia luomo. Non il centravanti e i suoi gol. E questo è per me motivo di grande orgoglio».