06/02/2014 08:36
IL MESSAGGERO (A. ANGELONI) - Una mezza bugia, nell’intervista rilasciata in settimana all’Equipe, Gervais Yao Kouassi detto Gervinho, l’ha detta. «Nel dribbling cerco l’efficacia, non lo spettacolo». Una mezza bugia, appunto. Quella palla a volte se la tiene più del dovuto solo per sentire un boato, un applauso, un urlo. Lo capiamo. La gente accompagna le sue sgroppate con un lungo sospiro che diventa boato, come quando Di Bartolomei prendeva la rincorsa prima di calciare una punizione. Trascina e si lascia trascinare, sempre con quella palla in mezzo ai piedi, sempre con quel sorriso bianco e sempre a duemila all’ora. E qualcosa, vedrete, succede. E infatti succede. Gervais si diverte, deride gli avversari, e fa sognare la sua gente. Questo è spettacolo, non efficacia. Sembra un bambino, che non conosce le regole o se le conosce le rifiuta. L’unica regola è la palla. Poi correre e correre fino alla metà, che comunque vuol, dire sia efficacia sia spettacolo. E Gervinho adesso è la sintesi di tutto e a volte, quel bambino, diventa grande. Il funambolo si è trasformato in un bomber. L’equilibrismo del solitario diventa gol, assist, uomo squadra. Chi, a parte Garcia, lo poteva immaginare. Lui che giocava a pallone senza porte. Che all’Arsenal lo deridevano e magari su di lui scrivevano pure le barzellette. Era buffo, inconcludente, un rapper rasta più che un calciatore. In Italia, a Roma, ha riscoperto la magia. O forse l’ha portata lui.
DOPPIETTE, QUANTA GRAZIA - Tre reti in Coppa Italia, dal colpo di kung fu contro la Juventus alle due reti di ieri sera contro il Napoli. Quasi a volersi vendicare di quella serataccia di ottobre quando, proprio contro gli uomini di Benitez, aveva alzato il braccio e perso il sorriso. Dolore muscolare, lesione. Dolore anche per la Roma. Ieri la nemesi: due gol a Reina. Uno, partendo al limite del fuorigioco, addirittura con un cucchiaino a saltare il portiere napoletano, forse distratto dai troppi tweet inviati, per poi depositare la palla nella porta ormai vuota. Mille grazie a Totti per il passaggio a occhi chiusi. Tanto su quelle palle Gervinho c’è sempre, ha pensato il capitano. La seconda rete in velocità su tocco al millimetro di Florenzi, destro sul primo palo e la partita torna su binari dritti, dopo aver vissuto l'esaltazione e il dramma per aver subito la rimonta. Uomo di coppa, non c’è dubbio.
E in campionato? Bomber Gervinho, (ora sorriderà lui a leggere certe cose...) non è da meno. Cinque gol, una doppietta anche lì, sempre in una serata piovosa, forse più calda però, contro il Bologna a fine settembre. Gli altri tre gol in ordine sparso contro Sampdoria, Catania e Verona dieci giorni fa al Bentegodi. Otto reti in tutto. Bomber, capocannoniere solitario della Roma (riderà ancora Gervais, sempre di più...). Adesso gli manca di tirare le punizioni e di fare gol di testa, così lo stupore di tutti diventa infinito.
L’AVVERTIMENTO A USAIN - Reja, l’allenatore della Lazio, sostiene che alla Roma, quando riparte in velocità, le devi sparare per fermarla. Probabilmente si riferisce proprio all’implacabile uomo nero dei giallorossi. «Sono felicissimo per me e per la Roma, abbiamo vinto con coraggio dopo essere stati feriti dal pari del Napoli. Al San Paolo sarà una battaglia, ma noi vogliamo la finale», le parole dell’ivoriano, che poi lascia la sua perla. «Io più veloce di Bolt? Con la palla al piede sono più veloce io. Se no vince lui». Altra mezza bugia di Gervais? Chissà.